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lunedì 28 febbraio 2011

La nonna multimediale

Stamattina uno stimato professionista di Carpi mi ha segnalato gli imperdibili video di nonna Lea.
Ecco a voi un geniale trucco per sbucciare le patate senza fatica.



E adesso che faccio, catalogo l'articolo anche sotto l'etichetta tecnica di cucina?

domenica 27 febbraio 2011

Tlazzenstrudel - Strudel per indecisi

Non avete ancora deciso se vi piace di più lo strudel classico o quello ai frutti di bosco? Allora il Tlazzenstrudel fa per voi, infatti non c'è scritto da nessuna parte che non si possa fare un incrocio virtuoso tra le due versioni.

Lo strudel non mi piace sempre, preferisco quello con la pastina sottile e piuttosto salata, trovo la versione con la pasta frolla troppo ricco e quello con la pasta sfoglia per qualche motivo imponderabile non mi convince. De gustibus... Armato di queste sane convinzioni mi sono messo a cercare un po' di ricette e ho preso come ricetta base per la pastella quella che segue. Per il ripieno mi sono ispirato alla medesima ricetta, sebbene poi abbia eliminato l'uvetta e il pangrattato in favore dei mirtilli sciroppati, perché m'andava così.
E come tocco finale, cottura nel forno a legna, reduce da una pizzata tra amici.

Nella mia ignoranza credevo che lo strudel fosse originario dell'Alto Adige, invece pare abbia dei natali mediorientali e sia stato entusiasticamente adottato nell'impero austroungarico a furia di combattere li Turchi. Evidentemente una volta i bottini di guerra non erano solo beni preziosi, ma anche succulente ricette di cucina!

Ingredienti:
per la pastella
250g di farina tipo 0
50ml di acqua tiepida
50g di burro
30g di zucchero
1 uovo
una presa di sale

per il ripieno
700g circa di mele renette
125g di mirtilli sciroppati
100g di zucchero semolato
75g di burro fuso
50g di pinoli
succo di mezzo limone
scorza di un limone grattugiata
cannella q.b.

Procedimento:
per prima cosa preparare la pastella mescolando la farina, lo zucchero, il sale e impastando con il burro a temperatura ambiente, l'acqua tiepida e l'uovo, fino a ottenere una massa liscia e morbida (circa 7-8 minuti nell'impastatrice alla velocità minima). Fatto l'impasto, lo si lascia riposare ben coperto per un'ora o più. Nel frattempo potete preparare il ripieno sbucciando le mele, delle mele renette nel mio caso, bagnandole con succo di limone per evitare che diventino subito scure. Tagliate le mele a pezzetti, mescolate con lo zucchero, i mirtilli sciroppati scolati, la scorza di limone grattugiata. Infine prendete l'impasto e stendetelo molto sottile, eventualmente aiutandovi con un velo di farina per evitare che si attacchi. Fondete il burro e ungete la superficie, la rimanenza mescolatela al ripieno.
La cannella potete aggiungerla per ultima dopo aver distribuito il ripieno (vedi foto). Se vi piace molto la cannella spolverizzatela su tutta la superficie senza badare a spese.

Successivamente dovete arrotolare a mo' di salsiccia lo strudel, cercando di evitare rotture della sfoglia e poi trasferirlo in una teglia foderata con carta da forno perché sicuramente durante la cottura uscirà del liquido (cosa puntualmente avvenuta con conseguente trasformazione del liquido in caramello buonissimo ma durissimo!).
Si inforna a 250 gradi per almeno mezzora, eventualmente abbassando la temperatura a 220 dopo i primi 10 minuti e poi a 200 dopo altri dieci, fino ad ultimare la cottura.
Dico ciò perché nel forno a legna la temperatura non rimane costante ma tende ad abbassarsi se non viene alzata con l'immissione di nuova legna o di nuovo carbone.

Per decidere se la cottura era ultimata sono dovuto andare a naso, un po' perché dopo 30 minuti a oltre 200 gradi, la pasta è quasi certamente cotta, un po' perché la superficie era di color ambrato uniforme, dopo aver girato la teglia di 180 gradi a metà cottura, e il caramello fuoriuscito iniziava ad inscurirsi troppo.

Lo strudel, come quasi tutti i dolci a base di mela, per me va mangiato freddo e, se ci riuscite :-P, il giorno dopo perché il sapore ne guadagna. Lo zucchero a velo sopra è assolutamente ad libitum.

giovedì 24 febbraio 2011

Pollo almendrado

Oggi il forno a legna rimane spento, benché volendo... Tra le varie succulente ricette prese dai libri di Diana Kennedy, questa volta è il turno del pollo almendrado, una ricetta squisita di tale señora Leticia Castro, vecina del estado de Coahuila.


Il pollo mandorlato è una specie di classico della cucina messicana, ma ovviamente ne esistono molteplici versioni. Questa ricetta una volta di più dimostra che non tutta la cucina messicana è necessariamente piccante, anzi, il profumo del pollo almendrado ha un piacevole sentore di cucina orientale, anche se è messicanissimo.

Ingredienti:
1,5Kg di pollo in parti
450g di pomodori freschi
65-75ml di acqua
6 grani di pepe nero
4 cucchiai d'olio di mais (o strutto)
2 foglie di alloro
2 spicchi d'aglio grandi
2 fette di pane raffermo
2 cucchiaini e mezzo di sale
una tazza di mandorle pelate
un lime
pepe nero macinato q.b.

Procedimento:
marinate il pollo con il succo del lime (che sia sugoso, ne servono almeno 3 cucchiai), 2 cucchiaini di sale dal totale e pepe macinato. Strofinate bene su tutti i latti e poi lasciate a riposo almeno un'ora.


Nel frattempo lavate i pomodori rossi maturi e grigliateli su una padella senza uso di grassi, finché la pelle tenderà a staccarsi ed a presentare chiazze scure bruciacchiate. Questo modo di preparare i pomodori è assai tipico della cucina messicana.


In seguito tostate le mandorle con tre cucchiai di olio di mais (o di strutto secondo la ricetta originale oppure metà e metà). Ho preferito usare olio di mais non perché sia contrario allo strutto, ma perché quello che avevo presentavo un odore un po' troppo intenso e non volevo che mi rovinasse la salsa.
Le mandorle vanno tostate in una padella finché diventano di un colore ambrato e per evitare che brucino vanno mescolate in continuazione.
Trasferite le mandorle nel frullatore, lasciando l'olio nella padella, che userete per friggere le due fette di pane raffermo. Frullate mandorle, i pomodori grigliati (con la buccia mi raccomando!), alloro, aglio, grani di pepe, mezzo cucchiaino di sale, acqua e pane fritto, dovete ottenere una salsa densa ma non troppo asciutta, se necessario aggiungete un po' di acqua, molto dipenderà dall'umidità dei vari ingredienti.

Con l'olio rimasto ungete una pirofila da forno sufficientemente grande da contenere tutti i pezzi di pollo senza sovrapporli, versate circa un terzo della salsa, coprendo il fondo uniformemente e disponete i pezzi di pollo che coprirete completamente con il resto della salsa.


Questa operazione la potete fare anche la sera prima e poi tenere il tutto al fresco, in attesa di infornare il giorno successivo (io ho fatto così che se no non ho abbastanza tempo a mezzogiorno).


Infornare per circa 45 minuti in forno caldo a 180 gradi. La superficie deve risultare leggermente croccante, mentre sul fondo la salsa rimarrà fluida anche grazie ai succhi rilasciati dal pollo.
Servire il pollo almendrado ben caldo, con accompagnamento di riso bianco e verdura fresca oppure verdura al vapore, magari un messicanissimo chayote che si trova a volte anche in Italia in qualche negozio etnico.

sabato 19 febbraio 2011

Quesadillas salvadoreñas

Tempo fa mi ripromisi di cercare la ricetta di un dolcetto che scoprii l'ultima volta in cui andai a San Francisco, la quesadilla salvadoreña, peccato che come accade tante volte, ci si dimentica dei buoni propositi finché qualcosa o qualcuno non ce li fa tornare in mente.


Ricordo queste quesadillas dal colore giallo chiaro in una panaderia mexicana in compagnia di conchas, campechanas, banderillas e altre delizie messicane. Siccome in Messico non le avevo mai viste, chiesi al gestore cosa fossero e lui mi spiegò che erano una specialità del Salvador e a San Francisco, oltre ai messicani, ci sono anche tanti salvadoregni.

Mentre curiosavo nelle statistiche di tlazolcalli, ho ri-scoperto quella ricetta dimenticata nei meandri di internet in virtù del commento che lasciai un anno e mezzo fa e mi sono deciso finalmente a provare questa curiosa ricetta in cui tra l'altro mi consigliavano di usare il parmigiano come formaggio.

E così ho fatto, un accostamento decisamente bizzarro quello dello zucchero di canna al parmigiano, che però non deve stupire più di tanto, in fondo una delle maniere più ghiotte di gustare il parmigiano è col miele di zagare, come mi fece scoprire mia cugina a suo tempo.

Siccome non avevo in casa la panna, l'ho sostituita con dose equivalente di burro e latte, da cui nacque la disquisizione matematica che descrissi precedentemente.

Ingredienti:
2 uova
400ml di latte (se avete la panna, mettete 250ml di latte e 250ml di panna)
300g di zucchero di canna (1 tazza e mezza)
60g di parmigiano reggiano grattugiato (mezza tazza)
320g di farina tipo 00 (2 tazze)
125g di burro fuso (se avete la panna, mettete solo 75g)
1 bustina di lievito per torte salate (non vanigliato)
sesamo tostato q.b.

Procedimento:
mescolare nel frullatore uova, latte, panna, zucchero, formaggio e burro fuso. Unire successivamente la farina e per ultimo il lievito.

Imburrare e infarinare lo stampo o gli stampi. Si può fare sia una quesadilla grande oppure tante piccole negli stampini di carta, avendo l'accortezza di non versare il composto oltre la metà del bordo perché tende ad aumentare di volume in cottura.
Infornare a 170-180 gradi per circa 30-35 minuti.

Quelle che vedete in queste foto le ho cotte nel forno a legna.

Rispetto all'originale, le mie probabilmente sono più basse, quindi si sono anche cotte di più, purtroppo non avevo scelta perché mi mancavano gli stampini più alti. Ho anche qualche dubbio su quanto pesi "la barrita de mantequilla". Sono andato per supposizioni perché mi ricordavo che in Messico il burro viene venduto in confezioni piccole, da 100 o 125g, comunque sia la quesadilla salvadoreña è piaciuta a tutti in famiglia.
Esiste anche la variante guatemalteca dove mi dicono che si usa la farina di riso anziché di grano.
Proveremo!

PS: ho recentemente scoperto che la famosa barrita de mantequilla pesa 90g.

venerdì 18 febbraio 2011

Menù del giorno: sistema di equazioni lineari per sostituire il burro alla panna

Mi rendo conto che parlare di equazioni in un blog di cucina probabilmente farà fuggire a gambe levate i lettori, ma siccome la cosa ha degli insospettati risvolti pratici, procedo senza indugio fregandomene dell'auditel internettara.

Siete ancora lì?
Bene!

Ieri sera mi ero ripromesso di fare una certa ricetta sulla quale poi vi dirò a tempo debito, ma ci voleva della panna fresca che non avevo. Ora, come TUTTI sanno, il burro, una volta, si faceva a partire dalla panna e c'è un bell'articolo di Dario Bressanini dove il tutto viene spiegato per filo e per segno e ricordo benissimo quando mia madre mi urlava "lasa lí da sbatar che se no la dventa bóter!".

Insomma, se uno la panna non ce l'ha, ma ha del burro, specie quando la panna non va usata al naturale, ma miscelata ad altri ingredienti, non si può sostituire con burro e latte?
Per me la risposta è sì, però come facciamo a sapere le quantità dell'uno e dell'altra?

Così ho posto la domanda al Bressanini il quale da buon scienziato mi ha dato una risposta scientifica, che potete leggere nei commenti del suo blog, ma come accade in tante occasioni quando si parla di risposte "scientifiche" c'è un misto di aiuto e un misto di "arrangiati!" :-D
Nel senso che il buon Dario, anziché servirmi la pappa pronta, mi ha fornito i dati necessari a trovare la risposta invitandomi però a fare un po' di compitini a casa, che è sempre un bell'esercizio per il cervello, specie se son passati 25 anni dall'ultima volta che si è risolto un sistema di equazioni lineari (una banalità per uno studente di liceo non completamente asino), ma pur sempre uno sforzo non indifferente per chi ha il cervello incartapecorito dal logorio della vita moderna (citazione di una vecchia pubblicità televisiva, vediamo chi indovina...) .

Insomma, tra il serio e il faceto, dopo aver trovato una soluzione a tentoni (che poi si rivelerà clamorosamente vicina a quella esatta), promisi di risolvere il sistema di equazioni utilizzando un fantastico strumento online, che tutti, in teoria, possono usare per situazioni analoghe, la macchina computazionale di Stephen Wolfram, a patto ovviamente di avere conoscenza della lingua inglese e nozioni di matematica.

In mezzo a tanti supposti o sedicenti geni dell'informatica, frettolosamente promossi in virtù di meriti spesso volatili, Stephen Wolfram è sicuramente un genio vero, anche se probabilmente nessuno di voi l'avrà sentito nominare prima.

Ma torniamo al nocciolo della questione e vediamo come WolframAlpha può non solo risolvere il problema matematico, ma anche darci qualche utile indicazione di natura alimentare.

Problema: la nostra ricetta dice 125ml di panna, con quanto burro e latte intero possiamo sostituirla?

Se ci pensate su, la cosa non è così banale, nel senso che difficilmente tirando a indovinare otterrete la soluzione corretta.
Appunto perché la risposta non è banale, Bressanini mi ha fornito alcuni dati indispensabili per procedere:
il burro contiene circa l'82% di grassi, mentre il latte intero circa il 4.5%.
A parità di peso quindi dobbiamo sapere quanto burro e quanto latte, senza alterare il rapporto finale di grassi totali, che per la panna fresca è circa del 35%.

Vediamo cosa ci dice intanto WolframAlpha:
Quanto pesano 125ml di panna fresca (che per gli inglesi è heavy cream o whipping cream)?
Risposta: 127 grammi
Già qui vedete quanto è utile il marchingegno di Stephen, gli possiamo fare delle domande semplici in linguaggio naturale e lui ci da delle risposte precise, non delle semplici opinioni.

Sapendo quindi che 125ml di latte equivalgono a 127 grammi, andiamo al passo successivo.
In termini matematici la mia domanda va dunque formulata con il seguente sistema di equazioni:

{
127grammidipanna * 35/100 = grammidiburro * 82/100 + grammidilatte * 4.5/100
grammidiburro + grammidilatte = 127g
}
che WolframAlpha, accorciando i nomi delle incognite e semplificando le divisioni per 100
127*35=b*82+l*4.5, b+l=127

risolve brillantemente nel seguente modo:
burro circa 49.9806 grammi,  latte circa 77.0194 grammi
Con il mio metodo spannometrico ero giunto alla conclusione di 75ml di latte e 50g di burro, non molto lontano dalla soluzione esatta.

Quindi se in futuro volete sapere con quanto burro e quanto latte intero sostituire X grammi di panna fresca, dovete semplicemente sostituire la quantità X desiderata nella prima e nella seconda equazione:

X*35=b*82+l*4.5, b+l=X

e sottoporre il quesito all'amico WolframAlpha.

E se poi volete sapere anche quante calorie ha una fetta di torta da 100 grammi, beh, basta dare a WolframAlpha la lista degli ingredienti con i relativi pesi.

quindi se la nostra torta pesa quasi un chilo (992g) per oltre 3000 calorie totali, una fetta da 100g sarà sulle 300 calorie abbondanti.

Beh, forse meglio della 280 calorie per 50g di noccioline!

Poi non dite che non vi avevo avvisato...

martedì 15 febbraio 2011

Primi esperimenti di pane tipo Altamura nel forno a legna

Nonostante che l'imitazione del pane di Altamura sia stata il mio primo tentativo di preparare il pane casareccio con il forno pizza-party, mi ci è voluto del tempo per decidermi a pubblicare i risultati dei miei esperimenti, perché volevo essere sicuro che non fosse venuto buono per caso!

Il pane di Altamura è una vecchia passione, fin da quando la nostra Fafa ce ne portò una forma quasi appena sfornata anni or sono, un pane saporito, dalla crosta croccante che si presta ad innumerevoli accompagnamenti e bruschette memorabili.
Nel tentativo di informarmi di più sull'origine di questo meraviglioso pane di semola rimacinata di grano duro, ho scoperto diversi video dove vengono mostrate le fasi della lavorazione e la storia di questo pane e dei suoi presunti antenati, tra i quali pare ci sia il pane di Matera, almeno a detta dei materani. Vedendo come si fa il pane di Matera ci si rende conto che si tratta di prodotti assai simili, ma non voglio scatenare le ire campanilistiche di questo o di quello, anzi, alla prima occasione mi lancerò anche nell'imitazione del pane di Matera per la "pan condicio" ;-)

Il primo video è più poetico e racconta la storia e le tradizioni che accompagnano il pane di Altamura. Il secondo video invece è più "tecnico" e consente di vedere da vicino come viene preparato oggi il pane in un forno a legna per la vendita al pubblico, abbandonate l'usanza di cuocere nel forno "pubblico" il pane preparato in casa dalle massaie.

Ingredienti per una pagnotta:
600g di semola rimacinata
400ml acqua
15g sale
4g di lievito di birra (vedi commento nel procedimento)
10g di zucchero o un cucchiaino di miele millefiori

Procedimento:
a rigore il pane di Altamura va fatto usando il lievito naturale, cioè il lievito madre. Il lievito madre a mio modesto parere si può creare anche a partire da una piccola quantità di lievito di birra, lasciando maturare l'impasto per diverse settimane. Ve lo dico perché ho già cotto quattro volte questo tipo di pane e ho usato i 4 grammi di lievito indicati negli ingredienti solo la prima volta, in cui feci una dose doppia e ne lasciai metà a maturare per la settimana dopo. Da allora procedo rinfrescando l'impasto sempre a partire dall'impasto avanzato la settimana precedente e questo impasto ha un profumo assolutamente caratteristico, lievemente pungente, ma non sgradevole. Man mano che questo impasto matura, il pane che ne risulta è sempre più profumato e dura per giorni se protetto da un sacchetto di carta e un panno.

Quindi, riassumendo, la prima volta partite con doppia (o tripla) dose d'impasto (rispetto alle quantità date) e poi usatene solo una parte, lasciando il resto per dopo.

Finché dura il freddo, tengo i miei contenitori di vetro in balcone, all'ombra, ma quando la temperatura salirà sarà necessario mantenerli in frigo.

Una volta mescolati gli ingredienti a lungo, usando magari l'impastatrice per una ventina di minuti, finché l'impasto non diventa liscio, si lascia lievitare fino al raddoppio. A quel punto conviene formare la o le pagnotte. La quantità che ho dato è per una pagnotta che una volta cotta peserà attorno agli 800 grammi, partendo dal chilo iniziale. Ovviamente potete prepararne due alla volta oppure tre, ma, come ho già detto, consiglio di lasciarne una da parte da usare come pasta madre per la produzione successiva.

La volta dopo invece del lievito si prenderà metà della pasta madre, ripulendola da eventuali croste superficiali e si aggiungerà il doppio del peso di semola e la relativa acqua mantenendo inalterata la proporzione (60% acqua del peso della semola, es: 1Kg di semola + 600ml acqua oppure 500g di semola +300ml acqua) e si aggiungerà un cucchiaino di miele per "nutrire" la nostra flora batterica. La stessa operazione si ripete con l'altra metà dell'impasto, ma si rimette a riposo per la volta successiva. Non so se sia un procedimento "ortodosso" ma è quello che sto usando da 4 settimane e funziona ;-)

Ora, tipicamente io cuocio il pane dopo aver cotto qualcos'altro a temperatura più alta, tipo la pizza o la focaccia al formaggio, per cui da un lato devo aspettare che il forno si sia ben riscaldato in tutte le sue parti, ma anche che la temperatura sia scesa intorno ai 280 gradi, se no si rischia di strinare la superficie perché il pizza party ha una volta assai più bassa di un forno a legna tradizionale pugliese.

Essendo un forno più piccolo, la sorgente di calore è anche più vicina al pane, per cui conviene usare lo spartifiamma per isolare le braci e introdurre le pagnotte solo quando non c'è più fiamma. Il tutto va sincronizzato con la formatura delle pagnotte, perché il pane di Altamura, una volta preparate le forme, non rimane a lievitare a lungo (se avete guardato il video, il fornaio dice che il pane riposa qualche decina di minuti al massimo prima di essere infornato).


Dopo aver formato le pagnotte secondo i propri gusti, accavallato o a cappello da prete, si infornano per circa 35-40 minuti a temperatura non superiore ai 280 gradi. La formatura delle pagnotte è interessante, ho dovuto guardare il video almeno venti volte per riuscire a capire come si fa. In sostanza una volta pesata l'impasto necessario per una pagnotta, che nel video è di circa 1,250Kg, il fornaio prima ricava una specie di palla con l'aiuto di farina semola e poi la mette a riposo. Terminato il riposo la forma viene semplicemente tagliata in superficie a triangolo nel caso della forma a cappello da prete, mentre viene energicamente schiacciata se si vuole ricavare il pane accavallato, piegando la pasta su se stessa prima di infornarla.
Sulle altre forme di pane come il cosiddetto pane morbido soprassiedo perché richiede una manualità che al momento va oltre le mie modeste capacità manipolatorie!

In genere quando si cuoce il pane conviene usare legna di buona qualità affinché le braci risultanti durino più a lungo. Per il pane di Altamura va usata legna di quercia. In alternativa si può usare anche della carbonella, aggiungendone poca per volta, 3-4 pezzi di media grandezza o una manciata di pezzi piccoli.

La temperatura incide sul colore finale e anche sullo spessore della crosta. In queste foto i pani sono stati cotti sempre a temperature superiori ai 200 gradi. Ovviamente incide anche la quantità di pane che inforniamo dato che introducendo nel forno 1Kg di impasto la temperatura si abbasserà meno che introducendone 3Kg.

Riuscire a bilanciare bene tutti questi fattori richiede esperienza e non c'è altra strada che provare ripetutamente. Ovviamente è sempre consigliabile tenere sotto controllo la situazione, se vedete che il pane si cuoce troppo rapidamente conviene girarlo e/o spostarlo in una posizione diversa dentro al forno.


Se tutto è andato liscio, dopo circa 35-45 minuti (in base a quanto pane avete infornato) sfornerete un pane fragrante, dalla crosta croccante. Conviene lasciarlo raffreddare almeno una mezzora prima di tagliarlo, sempre che il profumo non vi abbia scatenato incontrollabili succhi gastrici.

La soddisfazione di farsi il pane in casa è enorme e non dovete stupirvi se poi i vostri amici ve lo chiederanno espressamente!

lunedì 7 febbraio 2011

Tacos de chicharrón

Tra un'infornata e l'altra, ieri, per puro caso, ci siamo concessi un peccatuccio gastronomico nel più puro stile messicano, uno strapuntino che solo chi si è fermato presso qualche changarrito riuscirà ad apprezzare: tacos de chicharrón.

Dicesi chicharrón la cotica di maiale fritta fino a diventare leggera e croccante come i pop corn. Chi ha frequentato i mercati rionali di Città del Messico sa che il chicharrón è la classica botana del DF, al pari delle patatine fritte che pure esistono. In questa foto di tre anni fa si intravede appunto il chicharrón nel ripiano superiore di questo "stand" nel mercato di Guanajuato.


Il chicharrón si consuma o da solo con un po' di limone oppure è tipico mangiarlo sotto forma di tacos con l'aggiunta di salsa, nella fattispecie salsa verde ossia salsa a base di pomodori verdi messicani (da non confondere con i pomodori verdi insalatari che hanno tutt'altro sapore...) ed altri ingredienti ad libitum, come cipolla tritata, coriandolo fresco, guacamole (come abbiamo fatto noi). Di solito i venditori di chicharrón sono quelli che preparano anche le famose carnitas, che sarebbero le parti meno nobili del maiale fritte nello strutto.

Ma come ho fatto a procurarmi il chicharrón? Beh, casualmente, ero andato per comprare delle banane nel negozietto dell'amico pachistano e m'è balzato all'occhio un sacchetto contenente questi riccioli che mi ricordavano qualcosa e curiosamente leggendo gli ingredienti mi sono accorto che si trattava di chicharrón thailandese!
Chi l'avrebbe mai detto, tutto il mondo è paese.

Insomma, vedendo che nel negozietto c'era pure un avocado semi-maturo e a casa ricordavo di avere almeno una latta di salsa verde per le emergenze, ho comprato impulsivamente il chicharrón del sud est asiatico dopo di che c'è voluto poco per convincere il resto della famiglia a preparare due tortillas fresche per farci tacos de chicharrón con salsa verde y guacamole.

Certo, mangiato sul posto appena fatto es otro rollo, però dopo quasi 2 anni di astinenza, non sembrava affatto male.

mercoledì 2 febbraio 2011

Cocoles en horno de leña

Tra le prime ricette che ho provato a ri-fare nel forno a legna, non potevano mancare i cocoles, i panini dolci messicani che si comprano alle feste di paese o al mercato dalle venditrici ambulanti.



Questi panini fragrantissimi, all'anice, mentre si cuociono nel forno a legna emanano un profumo celestiale.


La ricetta rimane la medesima, cambiano un po' i tempi di cottura, che si riducono a una decina di minuti a 250C, senza fiamma.


Come vedete nel panino tagliato a metà la parte sotto è molto cotta (anche se buonissima!), per evitare questa cosa bisogna o mettere i panini dentro a una teglia, ma si perde un po' il gusto della cenere, oppure aspettare che la temperatura del forno si abbassi ancora un po'. Molto dipende da cosa si è cotto prima, la superficie sarà più fredda dopo la terza o quarta cottura.

martedì 1 febbraio 2011

La focaccia al formaggio di Recco nel forno a legna

Con l'acquisto del pizza party, è diventato realtà il sogno di imitare la focaccia al formaggio (quasi) come la fanno nel tempio della focaccia a Recco, al ristorante Manuelina, dove la gustai proprio appena sfornata da un sontuoso forno a legna.

Ovviamente la ricetta ufficiale non è nota, ma quella che ho sempre usato nel forno elettrico tradizionale e che mi ha sempre soddisfatto molto, dovrebbe avvicinarsi parecchio, pur con la limitazione dell'uso della crescenza vulgaris al posto della imprescindibile prescinseua.



Per chi avesse dei dubbi, le mani da fornaio mannaro sono le mie.

A conti fatti posso dire che tra le varie ricette finora provate nel forno a legna, la focaccia al formaggio è quella in cui noto minori differenze tra i risultati, forse a causa del fatto che trattandosi di un impasto senza lievito, la velocità di cottura incide meno.

Ho cotto le due focacce al formaggio a circa 350 gradi nel forno a legna con poca fiamma, mentre nel forno elettrico, benché la temperatura dichiarata sia di 240 gradi, in realtà devono essere assai di meno. Sicuramente nel forno a legna si cuoce assai più rapidamente, parliamo di 3 minuti-3 minuti e mezzo, mentre nel forno elettrico ce ne vogliono tra i quindici e i venti, anche perché nel forno a legna il piano d'appoggio è caldissimo, mentre nel forno tradizionale, per ottenere la doratura superficiale non si appoggia la focaccia sul fondo, ma a metà altezza.
Ovviamente nella versione con forno a legna c'è quel piccolo extra dovuto alla leggera presenza di cenere sulla crosta sottostante che certamente dona una sfumatura particolare.

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