Quando la povertà regnava sovrana nelle campagne mantovane (e non solo), si cercava di sopperire con la fantasia alla mancanza di ingredienti e il fiapón è una delle ricette tipiche di dolci di quei tempi di magra, a cavallo delle guerre mondiali, in cui si riciclavano obbligatoriamente anche gli avanzi di polenta, ammesso e non concesso che ce ne fossero.
fiapón, dulce de polenta típico de Mantua |
Per chi volesse francescanamente optare invece per il dolce più povero in assoluto, consiglio di puntare allora sulla polenta fritta zuccherata, magari con una spolveratina di cannella, un lusso che forse ci si concedeva quando si aveva a disposizione lo strutto fresco ricavato dopo la frittura del grasso di maiale, cioè tipicamente dopo la rituale uccisione del nimál, come era consuetudine chiamare il maiale in campagna e di cui potete vedere un bel reportage fotografico sul sito della Gazzetta Gastronomica.
polenta frita con azúcar |
Mia madre non faceva speso il fiapón, una parola dialettale mantovana che evoca qualcosa di floscio, di flaccido, ma quelle poche volte in cui lo faceva, veniva prontamente giustiziato da noi volontari di casa :-)
Per fortuna mia zia ogni tanto continua a cimentarsi e mi ha dato sommarie indicazioni, anche perché si tratta della classica ricetta da fare a occhio, visto che la quantità di polenta avanzata varia di volta in volta.
Ingredienti:
500g di polenta avanzata fredda o tiepida (circa)
2 cucchiai di farina
100g di zucchero
un pizzico di sale
scorza di limone grattugiata
una manciata di uvetta (opzionale)
qualche pinolo (opzionale)
15g di strutto per soffriggere
Procedimento:
ammollate per una mezzoretta l'uvetta (se vi piace) e poi unitela al resto degli ingredienti, impastando fino ad ottenere una massa abbastanza omogenea. Scaldate lo strutto in una padella di 20-22cm circa, poi versate il composto distribuendolo uniformemente.
Fatelo cuocere a fuoco moderato per almeno 20-25 minuti, poi occorre girare il fiapón sull'altro lato. Per fare ciò si può o agire tagliando il fiapón in 8 parti e girando ciascuna fetta, come dice di fare il Fraccalini, oppure fate come me, pigliate una seconda padella leggermente più larga della prima e girate il fiapón con un'abile manovra a 180 gradi, continuando la cottura per altri 20 minuti circa.
Se volete ricostruire l'atmosfera di quei tempi, dovete cuocere il fiapón su una stufa economica, quelle a legna con i cerchi di ghisa e il tubo di scarico che attraversava la cucina per scaldare l'ambiente con il suo calore.
Il fiapón deve risultare croccante esternamente e morbido all'interno e va mangiato tassativamente tiepido.
Questa ricetta la dedico all'amico Guidorzi, insostituibile guida delle tradizioni contadine mantovane, che sicuramente mi rimprovererà per aver infilato un po' di uvetta nel leggendario fiapón.