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domenica 19 dicembre 2010

Metti un giorno le ciambelline a colazione

Non so a casa vostra, ma a casa mia ogni tanto qualche famigerata "merendina" capita che venga acquistata. Poca roba, parliamo di una volta al mese, ma non tanto per questioni ideologiche, quanto per evidente abbondanza di alternative :-D

Siccome però certe merendine, non c'è nulla da fare, ci piacciono proprio, può nascere legittimamente il desiderio di creare delle imitazioni caserecce. Curiosamente la famigerata merendina sembra essere uno dei fattori unificanti di tanti popoli del mondo e la classica ciambellina con lo zucchero a velo probabilmente conta più imitazioni della settimana enigmistica e delle tagliatelle al ragù. Per cui se in Italia ci sono le ciambelline Mister Day e una miriade di altre versioni semi industriali, in Spagna ci sono las rosquillas Bimbo, che in Messico diventano donitas Bimbo.

Se una cosa subisce tante imitazioni, dev'essere perché piace proprio a tutti o quasi.
Insomma, confesso che m'era venuta voglia di far colazione con queste ciambelline delicate e tra i vari modi in cui si possono preparare, perché ne esiste più d'uno, ho pensato di adoperare la ricetta di ciambella allo yogurt della mia amica Valentina, che me ne fece dono qualche settimana fa.
Il pregio principale della ciambella allo yogurt è nella sua piacevole umidità e spugnosità, oltre che nel gusto delicato. L'unica variante rispetto alla ricetta di Valentina è l'utilizzo di yogurt alla vaniglia anziché neutro.

Ingredienti per 10-12 ciambelline alla vaniglia spugnose:
1 vasetto di yogurt alla vaniglia
1 vasetto di zucchero semolato
1 vasetto di olio di mais
3 vasetti di farina
3 uova
una bustina di lievito vanigliato (16g circa)
la scorza di mezzo limone grattugiata
un pizzico di sale
zucchero a velo per decorare

Procedimento:
con il vasetto dello yogurt a fare da misurino, si mescolano tutti gli ingredienti nell'impastatrice o anche nel robot da cucina. Si imburrano e infarinano gli stampini e poi si versa il composto non oltre la metà del recipiente perché il volume è destinato a raddoppiare.

Si cuociono in forno a 180 gradi (o qualcosa in meno) per circa 30 minuti. Con sei stampini ho dovuto fare due turni di cottura, svuotando e ripetendo l'operazione di infarinatura, per cui varrebbe la pena avere 10 o 12 stampini per cuocerli tutti in un'unica volta. Ho usato degli stampini di alluminio che mi son costati una mezza fortuna, spero che Babbo Natale me ne porti altri sei...

Prima di sformare le ciambelline, conviene attendere qualche minuto, se no si rischia di romperle. Con l'aiuto di un coltello staccate delicatamente le ciambelline dalle pareti se ce ne fosse bisogno, di solito è la parte centrale la più soggetta ad attaccamenti.

Quando le ciambelline saranno fredde o magari prima di consumarle, cospargerle di zucchero a velo. Si conservano bene per qualche giorno in un contenitore chiuso.

E buona colazione a tutti!

Aggiornamento: ho fatto anche una variazione di queste ciambelline usando yogurt al cocco e sostituendo un vasetto di farina con uno di amido di mais:


Ingredienti per 10-12 ciambelline al cocco (leggermente meno spugnose):

1 vasetto di yogurt al cocco
1 vasetto di zucchero semolato
1 vasetto di olio di mais
1 vasetto di amido di mais (maizena)
2 vasetti di farina
3 uova
una bustina di lievito vanigliato (16g circa)
un pizzico di sale

per la glassa: 200g zucchero a velo
1 chiara d'uovo
il succo di mezzo limone
un cucchiaio di cocco grattugiato

Procedimento:
il procedimento è identico a quello sopra, ovviamente si aggiunge la glassa quando le ciambelline si sono raffreddate. Per fare la glassa bisogna prendere una chiara d'uovo e montarla quasi a neve. Non è necessario che diventi dura, basta che sia bella spumosa. A quel punto si aggiunge lo zucchero a velo e il succo di limone un po' alla volta, controllando la fluidità del composto.


Dovrebbe rimanere abbastanza fluida da poterla colare sopra le ciambelline, una densità come quella del miele diciamo. Il cocco grattugiato si può aggiungere alla glassa direttamente o spolverizzare sopra, come ho fatto io.

sabato 11 dicembre 2010

Focacce leve di Gallicano (Lucca)

Qualche settimana fa, mentre cercavo non ricordo cosa, mi sono imbattuto nelle focacce leve di Gallicano che, per la somiglianza sia nell'aspetto, sia nel modo di cuocerle, mi ricordano parecchio le crescentine modenesi.


Non avendo mai visitato Gallicano, piccolo comune montano della provincia di Lucca, non lontanissimo da qui, la mia imitazione di focacce è basata più sul sentito dire e sulla sensazione visiva, oltre al fatto che senza dubbio crescentine, ciacci, necci, borlenghi e berlenghi, focacce leve, panigacci e via dicendo sono tutti figli di una "ricetta" preistorica dove il comune denominatore doveva essere la fame e la disponibilità degli ingredienti. A rafforzare probabilmente questo vincolo di parentela c'è anche il fatto, non so quanto casuale, che Gallicano nel XVI secolo rientrava tra i possedimenti della corte Estense i quali ovviamente comprendevano anche buona parte degli attuali comuni della provincia modenese e questo forse può spiegare la diffusione capillare di ricette simili, i cui nomi però cambiano ad ogni incrocio secondo la migliore tradizione italiana.

La particolarità delle focacce leve di Gallicano è la presenza della patata lessa schiacciata nell'impasto (che curiosamente mi ricorda la ricetta della focaccia pugliese). Se questa aggiunta sia nata per compensare la scarsità di farina o per una questione di gusto io non saprei dire, ma mi pare più probabile la prima ipotesi.

Lungi da me dare LA ricetta ufficiale delle focacce leve, che peraltro non ho trovato in rete, se non in termini abbastanza vaghi, senza misure, la mia sarà una specie di imitazione casereccia e sicuramente viziata dall'ascendenza padana. Il risultato però è stato quasi entusiasmante, perché le focacce leve, grazie alla presenza della patata lessa, emanano un profumo delizioso, con sentore quasi di castagna. Per avvicinarmi all'originale ho anche completato la cottura con una passata vicino al camino e non so se per suggestione o per altro, m'è parso che abbiano acquistato una fragranza speciale.

Le focacce leve, dice Daniele Saisi, si prestano per accompagnare alcuni piatti "poveri", per non dire poverissimi, quali la minestrella con gli erbi, una zuppa a base di verdure di campo oppure i fagioli all'olio, ma sono anche raccomandatissime con formaggio pecorino fresco e salumi tipici della zona quali la pancetta arrotolata, il biroldo (un insaccato imparentato con il sanguinaccio) e il lardo (quest'ultimo è un classico anche con le crescentine guarda caso).


Non avendo erbi propriamente detti a disposizione ho rimediato accompagnando le mie focacce leve con le seguenti pietanze:
* un misto di erbe di campo saltate in padella con aglio
* formaggio caprino fresco profumato con timo, maggiorana e salvia
* pecorino toscano fresco tagliato a fette sottili
* pancetta arrotolata toscana
* finocchiona
Ahimè il biroldo qua non sanno proprio cosa sia.


Ingredienti:
500g di farina tipo 0
125ml di latte sostituito con acqua dopo suggerimento anonimo
125ml di acqua  250ml acqua dopo suggerimento anonimo
50g di strutto  eliminato dopo suggerimento anonimo
8g di sale
6g di lievito di birra (un quarto di cubetto)
1 cucchiaino di zucchero
1 patata media (150g circa) di quelle farinose.

Procedimento:
lessate la patata, pelatela poi schiacciatela con la forchetta. Impastate la farina con il lievito disciolto con lo zucchero (basta mescolare zucchero e lievito per qualche minuto), la patata schiacciata, il sale, il latte, l'acqua e lo strutto a temperatura ambiente, fino a ottenere una massa liscia e morbida, non appiccicosa.

Suddividere l'impasto in porzioni della grandezza di un pugno e lasciarle lievitare al coperto fino al raddoppio. Quando saranno lievitate, stendetele fino ad ottenere dei dischi dello spessore di mezzo dito e poi lasciatele lievitare una mezzora ancora.

Le focacce leve si cuociono negli appositi strumenti dette cotte (che nell'appenino Modenese usano per i ciacci e i berlenghi tradizionali di cui un giorno o l'altro parlerò). Non avendo le cotte, ma disponendo della piastra con la pietra refrattaria per le crescentine, ho usato quella e poi le ho passate brevemente nella padella piatta (il comál come diremmo in Messico...) sul camino. Una mi è anche ruzzolata nella cenere e il sapore m'è sembrato ancora migliore!

È bene mangiarle appena fatte, oppure surgelarle e poi riscaldarle nel fornetto per restituirgli la giusta consistenza.

domenica 5 dicembre 2010

Kranz, schon wieder

Oggi si ri-parla di Kranz, cioè di quel bel dolce di origine tedesca a forma di ciambella o per essere più filologici, a forma di corona, già visto su questi schermi, sia nella versione simile a quella di oggi, sia nella variante con i marron glacés.


Un po' perché ne pativo voglia, un po' perché, come disse a suo tempo Nonna Ivana, chiamare Kranz un dolce a forma di treccia era improprio, per cui era necessario produrre finalmente un kranz a forma di corona.
Prima però mi era sorta una curiosità. Va bene che la ricetta è di origine tedesca, però i tedeschi 'sto benedetto Kranz come lo faranno veramente?
Dopo un po' di tentativi ho capito (o mi è parso di capire visto che il mio tedesco è un po' arrugginito...) che il parente più prossimo del kranz italianizzato sia lo Schwäbischer Kranz, cioè la ricetta del kranz proveniente dalla zona a sud-ovest della Baviera. Se fossi stato più aderente alla versione tedesca, avrei dovuto rifinirlo con un po' di glassa, ma andando di fretta, mi sono fermato alla gelatina di albicocche.

Le dosi sono state leggermente ritoccate rispetto alla mia prima versione, ma solo per questioni empiriche.

Ingredienti:
350g di pasta sfoglia
320g farina tipo 00
250g uvetta (già ammollata)
150g canditi d'arancia
100g burro
2 uova
1 tuorlo (per decorare)
50g zucchero semolato
50g zucchero in granella
12g lievito di birra (mezzo cubetto)
3 cucchiai di latte
50g di gelatina di albicocche o confettura.
1 bicchierino di rhum
pizzico di sale

Procedimento:
anziché stare a fare il lievitino a parte, avevo fretta e quindi ho fatto lievitare l'impasto tutto assieme, per cui ho impastato subito farina, uova, lievito disciolto in un cucchiaino di zucchero, lo zucchero rimanente, il pizzico di sale, il latte e il burro ammorbidito. Poi ho lasciato a lievitare per circa un'ora, senza aspettare proprio il raddoppio. A quel punto sulla spianatoia con l'aiuto di un po' di farina extra ho fatto tre piccoli panetti che ho stirato fino a raggiungere la lunghezza di tutto il piano di lavoro, quindi assai più lunghi e più stretti dell'altra volta (50cm contro 24cm). Ho anche allungato le tre strisce di pasta sfoglia per portarle alle stesse dimensioni.

Dopo aver preparato le strisce di pasta, ho iniziato a sovrapporle alternando uno strato di canditi e uno di uvetta ammollata in acqua tiepida e rhum. Terminata questa operazione ho girato a treccia l'impasto e poi l'ho disposto in cerchio, cercando di allargarlo delicatamente.

Poi ho lasciato lievitare per circa 3 ore nel forno spento. Infine ho spennellato la superficie con il tuorlo d'uovo e ho decorato con altri canditi, uvette e granella di zucchero.

Ho infornato per circa 45 minuti, controllando la cottura con il classico stecchino. All'uscita ho versato sopra la gelatina di albicocche sciolta a bagnomaria.

Benché ne abbiamo spazzolato via quasi metà appena sfornato, questo dolce per me migliora a partire dal giorno dopo.

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