Benché siano passati svariati anni dalla prima volta in cui feci la rinfrescante torta di arance e mandorle mediorientale, ennesimo prestito di Sandrá, da non confondere con l'altra ricetta protagonista della saga delle torte d'arance malriuscite, per qualche ignoto motivo non ne avevo mai scritto la ricetta.
Chi preferisce leggerla in francese, troverà ovviamente la ricetta nel blog di Sandra.
La ricetta originale, a quanto ho capito grazie al mio imbattibile francese decurtisiano è della signora Claudia Roden, i cui libri sulla cucina mediorientale purtroppo mancano alla mia libreria. La versione in spagnolo della stessa ricetta la trovate su questo bel blog di cucina.
La mia però presenta qualche piccola differenza:
prima di tutto ho riciclato due arance che mi erano avanzate dalla preparazione della marmellata di arance e chiles serranos della settimana scorsa e dubito che ci sia qualcuno disposto ad aspettare quattro giorni di ammollo per fare una torta. In teoria non dovrebbe essere necessario attendere tanto, però ho notato che, rispetto alle versioni precedenti, questa volta la vaga sfumatura amarognola non c'era, merito probabilmente dell'apposito trattamento.
Infine ho aggiunto un etto di farina di mia iniziativa perché dopo ennemila esperienze con torte a base di farina di mandorle volevo evitare, una volta sfornate, di vederle crollare come le cupole di certi palazzetti dello sport sotto il peso della neve.
Ingredienti:
2 arance non trattate
250g di farina di mandorle
250g zucchero
100g di farina (aggiunta mia, volendo si può fare senza)
6 uova
1 bustina di lievito istantaneo (vanigliato o meno)
1 bacca di cardamomo
1 pizzico di sale
Procedimento:
Mettete a bagno le arance non trattate, meglio se la sera prima, io ho esagerato e le ho lasciate quattro giorni, come dicevo prima. Prendete quindi le arance e frullatele dopo aver asportato il picciuolo verde ed eventuali tracce nere. Approfittatene intanto per accendere il forno a 180 gradi.
Aggiungere quindi le uova, lo zucchero, un pizzico di sale, la farina di mandorle, il lievito, la bacca di cardamomo aperta e pestata nel mortaio ed eventualmente la farina tipo 0 se volete provare la mia variante. Mescolate bene il tutto e versate in uno stampo a cerniera imburrato e infarinato di almeno 24cm, il mio era di 26cm.
Infornate per circa un'ora, ma potrebbe anche occorrere di più. Durante i primi 30 minuti coprite la torta con un foglio di alluminio, che poi toglierete per lasciar prendere colore alla torta.
Quando la solita prova dello stecchino ve lo restituirà asciutto se infilato al centro della torta, sfornatela e lasciatela raffreddare qualche minuto. Quando aprite la cerniera siate delicati perché potrebbe rimanere attaccata su qualche lato, in quel caso staccatela delicatamente usando un coltello.
Questo genere di torte per me va sempre consumato dopo alcune ore o il giorno dopo.
Servitela spolverizzata di zucchero a velo.
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martedì 29 dicembre 2009
Torta d'arance e mandorle alla maniera ebraica sefardita
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martedì 22 dicembre 2009
Una tlazzesca marmellata di arance e chile serrano
Come si usa dire in questi casi, bisogna fare di necessità virtù. E siccome ho perso la speranza di trovare la marmellata di arance e chiles jalapeños perfino in Messico, ho deciso di farmela in casa.
Queste iniziative estemporanee non mi vengono spesso, perché io non sono assolutamente il profeta delle marmellate caserecce, mi pare ce ne siano in commercio di ottime e un giorno magari polemizzerò volentieri in merito :-)
La marmellata di arance e chiles serranos è un'imitazione di una meravigliosa mermelada de naranjas y jalapeños che degustai anni fa, rimanendomi impressa nella memoria e covavo l'intenzione di farmela non appena fossi entrato in possesso di qualche chilo di arance non trattate. Per fortuna è venuta in soccorso mia cugina, grande intenditrice di cose siciliane per quistioni di matrimonio. Con le arance non trattate a disposizione e per giunta gli ultimi chiles serranos della piantina miracolosamente sopravvissuta, non potevo più titubare.
Sono abbastanza soddisfatto della riuscita della mia prima marmellata casalinga, benché intraveda la possibilità di fare alcuni aggiustamenti casomai la dovessi rifare. Ad esempio, proverei a mescolare zucchero bianco e zucchero di canna grezzo, per vedere se viene un po' meno scura. E forse metterei due chiles in più perché quattro la rendono appena appena piccante. Vedremo anche cosa dicono le cavie a cui invierò alcuni campioni di questo esperimento.
Ingredienti:
2 Kg di arance non trattate
2 Kg di zucchero di canna tipo piloncillo, panela, guarapo o mascabado.
2 buste di pectina (dose per 1 chilo di frutta ciascuna)
4 chiles serranos (o jalapeños)
Procedimento:
mettere a bagno per almeno 4 giorni le arance dopo averle punte superficialmente con uno stuzzicadenti. Fate conto di dover pungere ciascun arancio in 40-50 punti, senza andare troppo in profondità. Ricordarsi di cambiare l'acqua ogni giorno, le arance tenderanno ad espellere una resina oleosa.
Dopo la fase preparatoria, tagliatele in quattro parti e poi in fettine sottili, che verserete in una pentola capiente. Mescolate bene la pectina a freddo e portate le arance a ebollizione a fuoco vivo, a quel punto versate lo zucchero che dovrebbe liquefarsi quasi immediatamente.
Mescolate costantemente finché non riportate il tutto a ebollizione. L'ebollizione si nota dal fatto che si tende a produrre una notevole quantità di schiuma. Contate 3 minuti, sempre mescolando e poi spegnete, mescolando finché la schiuma non sparisce. A quel punto potete iniziare a versare la marmellata nei vasetti già sterilizzati, riempiendoli quasi fino all'orlo, tappandoli a caldo e capovolgendoli.
Ora, la domanda fatidica è sicuramente: ma quanti vasetti servono?
Incredibilmente, col mio criterio spannometrico, mi sono sbagliato di due vasi per eccesso.
Praticamente 4Kg abbondanti di marmellata sono finiti in 10 vasetti da 0,15L (del peso finale di 400g circa, vetro e tappo compreso) e due vasi ad anforetta del peso finale di 1,1Kg ciascuno (vetro e tappo compreso). Credo anche che le mie arance pesassero leggermente di più di 2Kg, per cui la proporzione tra frutta e zucchero, anziché essere 50-50 sarà stata circa 52-48.
Ah, nel caso i conti non vi tornassero, nella foto manca all'appello il decimo vasetto, sottoposto ad un severissimo controllo di qualità da parte dello scrivente...
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domenica 20 dicembre 2009
Oggi pasta al forno
Queste fredde giornate invernali mi mettono un'insana voglia di quei piatti semi-tradizionali che una volta costituivano l'ossatura del pranzo domenicale di mia madre. Definirli sostanziosi è un eufemismo. Quando non aveva voglia di fare qualcosa di troppo impegnativo, puntava sulla classica pasta al forno, praticamente la versione light del pasticcio ferrarese.
Già da qualche giorno stavo ruminando la cosa, tant'è che comprai apposta certi zitoni con l'intenzione dichiarata di fargli un pigiamino di ragù e besciamella. Gli zitoni mi piacciono assai ma cuocerne un chilo è un impresa. Serve una pentola di quelle grandi per cuocerli interi, altrimenti si rischia di ritrovarsi con alcuni cotti solo a metà perché essendo lunghi e rigidi, tendono a svettare fuori dalla pentola finché non si ammorbidiscono.
Forse bisognerebbe spezzarli, ma la pasta lunga mi piace lunga, se no che gusto c'è?
Ingredienti:
1Kg di pasta di semola di grano duro
ragù a piacere
1 litro di besciamella
formaggio parmigiano-reggiano grattugiato a piacere
Ingredienti per un litro di besciamella:
1/2 litro di latte
1/2 litro di acqua
100g di farina tipo 0
100g di burro
noce moscata q.b.
pepe nero macinato q.b.
sale q.b.
Ingredienti per il ragù:
500g di carne di manzo macinata
300g di pesto per salamella
30g di burro
5-6 fettine di porcini secchi
2 carote medie
2 gambi di sedano
2 cipolle piccole
2 foglie di salvia
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
2 cucchiai d'olio d'oliva
1 bicchiere di vino bianco secco
1 chiodo di garofano
mezza foglia di alloro
5-6 grani di pepe nero
una punta di cucchiaino di cannella
una grattata di noce moscata
acqua q.b.
sale q.b.
Procedimento:
Per prima cosa va fatto il ragù. Senonché il ragù come lo si intende qua richiede svariate ore di cottura, per cui o si parte all'alba, come vuole la tradizione dei tempi che furono, oppure lo preparate il giorno prima.
Conviene usare le pentole di terracotta perché mantengono meglio il calore a fuoco basso.
Oh, si badi bene, non sto dando la ricetta del ragù, come se ne esistesse veramente una ufficiale, ma semplicemente quella che mi è venuta di fare ieri, che poi non è detto sia uguale alla prossima volta...
Le rézdore di campagna sicuramente lamenteranno l'assenza dei fegatini di pollo o di altre frattaglie, ma per i comuni cittadini a volte sono difficili da trovare e comunque non avranno mai il sapore di quelli dei polli ruspanti d'na volta.
Amen.
Si parte con il trito di cipolla, carota e sedano da far soffriggere nel burro e olio. Quando le verdure saranno ben appassite, si unisce la carne macinata e il pesto della salamella. Far rosolare per una decina di minuti e poi unire il vino bianco. Si uniscono via via le altre spezie e i funghi e si allunga con un po' di acqua o brodo, giusto per mantenere il livello del liquido appena sopra la carne. Salate con moderazione. Quando il ragù inizia a bollire, si copre con il coperchio e da qui in poi è una questione di pazienza. Si aggiusta di sale man mano, aggiungendo anche pepe o noce moscata secondo i propri gusti. Diciamo che il ragù dovrebbe sobbollire per non meno di 5 ore...
Diamo quindi per scontato che il ragù non aspetti altro che convolare a nozze con la pasta. Pigliate una bella pentolona piena d'acqua e cuocete il formato di pasta prescelto. Per la pasta al forno di solito si usano formati col buco, maccheroni, torciglioni, sedanini, ziti, zitoni, ma anche paccheri, mezze maniche e via discorrendo.
La pasta va levata più che al dente. Non dico che debba fare crac sotto ai denti, ma tenete presente che finirà di cuocere nel forno ricoperta di besciamella, quindi tiratela via almeno 2 minuti prima del tempo normale.
Scolatela rapidamente e conditela con sufficiente ragù o nella pentola o direttamente nella teglia da forno.
La besciamella...
Mentre l'acqua si scalda, approfittatene per accendere il forno (200 gradi) e cimentarvi nella besciamella, facendo prima soffriggere il burro e appena inizierà a sfrigolare versate la farina, mescolando bene. Quando il composto inizierà a schiumare, aggiungete un po' alla volta il latte allungato con l'acqua, lasciandone circa un quarto del totale nel recipiente. Salate leggermente e continuate a mescolare a fuoco medio finché la besciamella inizierà a rapprendersi. Grattateci dentro un po' di noce moscata e di pepe nero. Quando la besciamella sarà cremosa, aggiungete il rimanente liquido spegnendo il fuoco e mescolando bene. Versare quindi la besciamella copiosa sulla pasta condita e infornate a 200 gradi per 20-30 minuti o comunque finché la superficie assumerà la caratteristica colorazione rossastra a chiazze.
pasta al forno |
pasta al forno |
E dopo un pranzo leggero leggero, tutti fuori a tirare palle di neve, forza un po'.
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giovedì 10 dicembre 2009
Regali di Natale 2009
Come ormai sanno anche i muri, a Natale, per tradizione, regalo dolcetti fatti con le mie manone più o meno sante. E da questo punto di vista sono molto tradizionalista, cioè tendo a fare sempre le stesse ricette.
Ad esempio, la sbrisolona mantovana è d'obbligo, anche perché oltre ad essere buona, è molto pratica da spedire, rimane ottima per almeno due settimane e quindi non si corre il rischio che arrivi "vecchia" a destinazione.
L'altro dolce prediletto, aggiunto al palmarés giusto un anno fa, grazie a Laura, è il panforte di Siena.
Anche lui quest'anno diventerà un ambasciatore della cucina tlazzesca nel mondo. Tra l'altro quest'anno l'ho fatto usando il pepe lungo (piper longum), un pepe molto aromatico che mi è stato suggerito dal mio spacciatore di spezie ufficiale.
Mai più senza! :-D
Come dicevo prima, quest'anno alcuni di questi manicaretti prenderanno addirittura l'aereo in diverse direzioni del globo. Se lo vengono a sapere a Copenhagen, mi sparano.
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sabato 5 dicembre 2009
Crostatine ai pistacchi
Un'altra reminiscenza di quella ormai lontana volta che andai a cenare nella Taverna del ghetto, in via Portico d'Ottavia a Roma: la crostata di mandorle e pistacchi.
Ricordo che la visione di questa torta mi colpì profondamente e da allora, imitarla, è sempre stata una specie di fissazione. Siccome però sono ormai passati sei o sette anni da allora, i miei ricordi sono piuttosto vaghi e quindi non mi stupirei se qualcuno dicesse: ma la crostata di mandorle e pistacchi della Taverna è completamente diversa!
Sia come sia, queste crostatine mignon, sono venute buonissime e sapete che io non mento mai :-) Diciamo quindi che si tratta di una volenterosa imitazione e finiamola qua.
Ovviamente nulla vieta di usare uno stampo rotondo da circa 26cm e farci una crostata singola.
Come pasta frolla ho preso pari pari quella già utilizzata per i semolini fiorentini, mentre il ripieno me lo sono inventato io.
Ingredienti per il ripieno:
100g di mandorle tritate finissime (farina di mandorle)
50g di pistacchi tritati finissimi
3 cucchiai di zucchero a velo
1 pizzico di sale
1 uovo
1 bianco (riciclando quello avanzato dalla pasta frolla)
Ingredienti per la pasta frolla:
250g di farina
150g di zucchero
125g di burro
4g di vaniglia (1 bustina)
2 cucchiai di vino bianco secco
1 uovo
1 tuorlo
1 pizzico di sale
Procedimento:
la preparazione della pasta frolla è molto semplice, si sbattono le uova con lo zucchero, la vaniglia, un pizzico di sale e due cucchiai di vino bianco. Si aggiungono gradualmente la farina setacciata e il burro a temperatura ambiente, fino ad ottenere un impasto morbido ma lavorabile, con il quale si rivestono gli stampini.
Come vedete, dodici stampini non bastano e sono stato costretto a usare l'impasto rimanente per fare 5 crostatine alla marmellata di limone, una vera sofferenza! :-D
Il ripieno è molto semplice da preparare, basta tritare le mandorle e i pistacchi un po' alla volta con un macinino da caffè, poi si uniscono gli altri ingredienti fino ad ottenere una crema piuttosto densa. Con l'aiuto di un cucchiaino si deposita il ripieno nella formina di pasta frolla, fino ad esaurirlo.
Infornate per circa 20 minuti a 180 gradi, i bordi delle crostatine devo prendere colore.
Di solito cerco di mettere la leccarda appena sotto la metà del forno, in modo che il calore sia più vicino nella parte inferiore.
Se vi sono avanzati pistacchi, tritatene qualcuno grossolanamente e decorate le crostatine, di sicuro sembreranno più attraenti grazie ai riflessi verdi della graniglia, io purtroppo li avevo finiti!
Come tutte le crostate, per me è sempre migliore se consumata il giorno dopo.
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