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martedì 28 ottobre 2008

Sopa de flor de calabaza

Se siete come la mitica Mafalda, che detesta la "sopa", la ricetta che sto per dare non fa per voi ;-)

L'arrivo dei primi freddi autunnali fa tornare in auge le zuppe bollenti dopo le scorpacciate estive di meloni e prosciutti, con il conseguente calo di fantasia gastronomica, almeno a casa mia. E il bello di avere in balcone un paio di piante di chiles poblanos quest'anno, è nel poter dar sfogo a quasi tutte le voglie di piatti messicani che, in mancanza del re dei peperoncini messicani, sarebbero solo pallide imitazioni dell'originale.

Purtroppo credo possa capirmi solo chi conosce l'inconfondibile profumo del chile poblano arrostito sulla fiamma.

Insomma, questa sera, avendo del brodo appena fatto a disposizione, della tortilla di mais secca, dei fiori di zucca freschi e i chiles sulla pianta che aspettavano solo di essere colti e cucinati a dovere, ho entusiasticamente lanciato l'idea di fare una classicissima zuppa messicana, la sopa de flor de calabaza, che oltre ad essere squisita è pure di facile e rapida esecuzione. L'idea è piaciuta e della sopa sono rimaste solo le fotografie...

Ingredienti x 4 persone:
100g di fiori di zucca
7-8 tortillas di mais tagliate a strisce e seccate (necessariamente seccate già da qualche giorno)
1 cipolla media
1 scatolina di mais (o meglio ancora 1 pannocchia fresca)
brodo di pollo o misto o di manzo q.b.
olio di mais q.b.
volendo una zucchina e/o un po' di funghi champignon freschi (ma io non ho messo né l'uno né gli altri) e viene buona lo stesso.

Procedimento:
come dicevo prima, la tortilla dev'essere già secca e di solito si "prepara" lasciando all'aria le tortillas avanzate, dopo averle tagliate a strisce. In tal caso si prende la tortilla secca e la si frigge in olio di mais finché non diventa dorata e si mette da parte. Poi conviene pelare i chiles poblanos col solito metodo di arrostirli a fiamma viva e metterli in un sacchetto di plastica, lasciandoli qualche minuto a riposo. Ciò faciliterà la rimozione della pelle esterna. Togliete anche i semi e le venature se dovessero essere molto piccanti. I miei quest'anno sono venuti decisamente infuocati. Una volta pelati, tagliateli a strisce.
Fate un trito fine con la cipolla e mettetela a soffriggere con olio di mais in una pentola di coccio in grado di contenere tutta la zuppa. Quando la cipolla sarà ben appassita, aggiungete il mais e le striscioline di chile poblano e soffriggete qualche minuto.
Poi, da ultimo, aggiungete i fiori di zucca puliti, senza gambo e senza pistilli, in altre parole solo la parte esterna del fiore, tagliata grossomodo a strisce. Fate soffriggere per altri 2 minuti, quindi unite la tortilla fritta e coprite con il brodo. Fate andare a fuoco vivo per qualche minuto, dando tempo alla tortilla di ammollarsi appena.


Servire bollente.

domenica 26 ottobre 2008

Pan de muertos

Se c'è una tradizione messicana che mi piace coltivare anche qui in Italia, è quella legata al día de muertos (2 Novembre).



Il pan de muertos o de muerto è il dolce principe di questo periodo e infatti lo si trova nelle pasticcerie a partire da qualche giorno prima fino a qualche giorno dopo le festività.
Non è l'unico dolce tipico, come potete vedere dalle foto nell'articolo che scrissi l'anno scorso, ma certamente è quello più tradizionale, legato a simbologie del Messico prehispanico, dove il sacrificio umano era la prassi di certe festività speciali, sostituito poi dai missionari con rituali meno cruenti.

In ogni caso per l'italiano suona sempre molto strano, quasi stridente, questo accostamento tra celebrazione dei morti e festa popolare a base di dolci dalle forme inequivocabili, di tavole imbandite nei cimiteri o in compagnia della foto dei defunti, dove ad ognuno dei partecipanti viene magari regalato ironicamente il proprio ataúd, il feretro, con tanto di nome sopra o la propria calaverita de azúcar (il teschio di zucchero).

Quest'anno, non potendo comprarmi l'originale in loco, dato che le mie ferie si sono consumate anzitempo, ho dovuto farmelo in casa, in contumacia, anche se grazie alla splendida ricetta della paisana, è venuto delizioso.

Le dosi sono per un pan de muertos gigante, visto che è discretamente impegnativo da fare, almeno che ne venga fuori uno formato XXL.

Ingredienti impasto base:
500g farina
30g zucchero
5g sale
6 uova
50 g lievito fresco

Ingredienti secondo impasto: 

600g farina
250g zucchero
250g margarina
50g burro a parte da usare per spennellare il dolce dopo la cottura
100 g latte in polvere (si può sostituire il latte in polvere con latte normale, vedi procedimento)
3 uova
2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
30-40g scorza d'arancia candita (opzionale)
acqua (q.b. circa 50ml)

Procedimento:
si inizia il primo impasto sciogliendo il lievito fresco con lo zucchero. Per fare questa operazione non è necessario aggiungere acqua o latte, basta mescolare con un cucchiaino i due ingredienti e vedrete che dopo pochissimo il lievito si squaglia ad una velocità impressionante, diventando completamente liquido. In alternativa si usa l'equivalente lievito secco (7g secco = 25g fresco).
Setacciare la farina e mescolarla con il sale, quindi versare il lievito e le uova intere. Si otterrà un impasto piuttosto appiccicoso che vedete nella foto qui sotto:


Mettetelo da parte in un recipiente coprendolo con pellicola, per evitare che si secchi in superficie.
Iniziate la preparazione del secondo impasto, setacciando la farina e mescolandola con lo zucchero, i tuorli d'uovo e il latte in polvere. Se non avete latte in polvere, usate latte intero fresco, magari quello crudo, togliendo dalla lista degli ingredienti la parte d'acqua prevista.
Nei dolci messicani c'è spesso il latte in polvere, credo per questioni logistiche, dato che il latte fresco in Messico è quasi un genere di lusso. Fate conto che in Messico anziché esserci scaffali di marche di latte UHT, ci siano scaffali di latte in polvere o condensato...
Insomma, se avete unito latte in polvere, dovrete aggiungere acqua fino ad ottenere un impasto molliccio e appiccicoso, altrimenti aggiungete solo latte fino a ottenere il medesimo risultato.
Non dimenticatevi di aggiungere in questa fase anche l'acqua di fiori d'arancio (agua de azahar) e la scorza d'arancia candita. Se l'acqua di fiori d'arancio è in fialette, usatene un paio. Io di solito la trovo in bottigliette nei negozi arabi.


Nota bene: il burro non è ancora stato utilizzato, lo si usa adesso, quando si iniziano a mescolare assieme i due impasti.
E qui vengono le dolenti note, perché l'operazione di lavorazione, ve lo dico in anticipo, durerà circa un'ora, a mano, sbattendo l'impasto su una superficie idonea come può essere un piano di marmo, aggiungendolo a temperatura ambiente un po' alla volta con una sorta di massaggio.
La ricetta originale prevede margarina.
Insomma, supponiamo che abbiate lavorato l'impasto per circa un'ora, quello è il tempo necessario per ottenere un impasto abbastanza liscio, che riesce a staccarsi dal piano di lavoro abbastanza facilmente. Se siete giunti finalmente a questo stadio, prendetelo, mettetelo in un recipiente grande, massaggiatelo in superficie con una noce di burro che farete sciogliere con le mani e poi copritelo.


Infine mettetelo al freddo, in frigo se avete posto, io l'ho messo in balcone tutta la notte, circa 10 ore, alla mattina era così:


Terminata la fase di lievitazione al freddo, prendete l'impasto e mettetene da parte circa un quinto, servirà per fare le decorazioni, il teschio (la calavera) e le tibie (las canillas).
Aiutatevi con un po' di farina in queste operazioni.
Disponete il pan de muertos al centro di una leccarda grande e a fianco sistemate le decorazioni, dovrete metterlo a lievitare un'oretta dentro al forno spento.


Può darsi che per le dimensioni della vostra teglia, il pan de muertos risulti un po' grande, in quel caso, vi potrebbe convenire farne due. Questa ricetta è per ottenere un pan de muertos veramente grande, da 10/12 persone.
Effettuata questa lievitazione, prendete le tibie e disponetele come croce sopra al pane (senza spingere, se no si sgonfia!), poi mettete al centro, sopra l'incrocio, il teschio. Il teschio non dev'essere troppo grande, se no il peso potrebbe schiacciare troppo il pane sottostante.


Qui sotto quello per chi è a dieta, ottenuto con l'eccesso di impasto:



Eccolo sfornato dopo quasi un'ora di cottura a 180-190°, bisognerà che scopra il trucco per evitare che il teschio mi penda sempre da qualche lato!



Finché il pan de muerto è caldo, va strofinato con burro fuso e cosparso di zucchero semolato.



Benché l'esterno sia ben cotto, l'interno è rimasto deliziosamente soffice.


Quello più piccolo invece si è cotto in metà tempo ed è pure rimasto più dritto.


Non ho ecceduto con lo zucchero semolato, quelli di pasticceria sono veramente ricoperti da cima a fondo, se lo volete così dovrete abbondare anche voi con il burro fuso e lo zucchero. Lo zucchero semolato messicano è meno bianco di quello nostro, uno molto simile è il golden caster, che si trova con il marchio equo e solidale.

giovedì 23 ottobre 2008

Erbazzone dolce

L'erbazzone dolce è sempre stato uno dei miei dolci modenesi preferiti.
Non si inalberino i reggiani, 'i arzàn, non voglio scippare i sacrosanti diritti sulla origine dell'erbazzone alla cucina reggiana, non mi permetterei mai, ma questo dolce è sempre stato presente nella gastronomia della riva destra del Secchia, almeno che io mi ricordi.

Erbazzone dolce alla modenese - Tarta dulce de espinacas de Modena


L'erbazzone originale è salato ed è a base di spinaci o biete cotte. Non saprei dire se la versione dolce sia più o meno famosa, ma certamente io la preferisco, nel senso soprattutto che oltre a piacermi di più, la trovo anche più originale, mentre tutto sommato l'erbazzone salato può essere assimilato ad una torta salata a base di verdura, come ce ne sono tante nella cucina sia italiana sia straniera, come in quella francese ad esempio.

Nella ricetta alla quale mi sono ispirato la pasta frolla prevede il lievito.
Ecco, anche questa è un'abitudine abbastanza modenese alla quale non c'è verso di abituarmi.
A me la pasta frolla con il lievito non mi convince e non ce lo metto. Anche nelle versioni da forno si trova spesso l'erbazzone con la pasta frolla lievitata. Contenti loro...

Ora, mi si dirà, ma se tu fai una pasta frolla non lievitata alla fine esce una crostata!
E' vero, non lo nego, sembra una crostata, se non fosse per il fatto che la pasta frolla di questa versione è meno concentrata di quella che uso per altre torte.

Ingredienti:
per il ripieno
150g spinaci (vanno bene anche quelli surgelati)
250g ricotta
150g mandorle pelate
150g zucchero
1 bustina di vaniglia
1 cucchaio di maraschino
4 uova (tuorli)
1 pizzico di sale

per la pasta frolla
250g farina tipo 00
150g zucchero
125g burro
1 uovo
1 cucchiaio di liquore all'uovo (vov)
1 bustina di vaniglia


Procedimento:
per prima cosa mettete a lessare gli spinaci in acqua leggermente salata. Mi raccomando, leggerissimamente salata, massimo un pizzicone di sale fino.
Preparate la pasta frolla sbattendo prima i tuorli con lo zucchero, la vaniglia e un pizzicone di sale. A me nella pasta frolla piace che si senta una punta di salato, senza esagerare, invece i modenesi sembrano allergici al sale nei dolci e di solito non lo mettono mai negli impasti.


Aggiungere la farina, il burro a temperatura ambiente e la scorza di limone grattugiata e impastare bene fino a ottenere una pastella omogenea. Mettere da parte un po' di questo impasto per farci le strisce di copertura.
Io, lo ammetto, sono un cane a fare queste cose, soprattutto quando ho fretta, è tardi, non ho l'ispirazione e voglio andare a letto... Voi, invece, fatele bene.
Stendete la pasta in una tortiera da 20cm, con i bordi alti almeno 4cm, una tortiera con la cerniera apribile è l'ideale.


La preparazione del ripieno è molto semplice: dopo aver scolato e strizzato per bene gli spinaci, potete tritarli finemente a mano oppure con l'aiuto di un mixer. Io ho frullato tutto assieme alle mandorle, ai 4 tuorli d'uovo, la ricotta, lo zucchero, la vaniglia e i bicchierini di sassolino.
Togliete il bicchierino, mi raccomando se no viene un macello :-)

erbazzone dolce da infornare
Versate il composto nella tortiera, stendetelo pari e poi coprite con le strisce di pasta frolla.
Infornate a 170-180° gradi circa, per 30-40 minuti (regolatevi in base al colore dei bordi).

Erbazzone dolce appena sfornato

Secondo me è meglio mangiato almeno un giorno dopo.

Erbazzone dolce - Tarta dulce de espinacas

martedì 21 ottobre 2008

Risotto con gamberi d'acqua dolce (risòt coi saltarèi)

Sabato scorso durante una delle mie infrequenti incursioni nel mantovano, mi sono fermato in pescheria per vedere se per caso avevano i saltarelli (saltaréi), quei piccoli gamberetti d'acqua dolce di colore grigio che virano all'arancione quando vengono fritti.
Avendoli finalmente trovati dopo vari inutili tentativi, è diventato imperativo preparare per la sera stessa al risót coi saltaréi (risotto coi saltarelli).

Questo curioso e mantovanissimo primo piatto è parente stretto del risót col pesín (risotto con il pesciolino fritto). La particolarità consiste proprio nel fatto di essere l'unione tra due cose apparentemente inconciliabili, un risotto (o un riso quasi in bianco) e una frittura di pesce.

In realtà c'è anche chi opina sul fatto che si tratti di un vero risotto.
Dato che il mio spirito polemico si è notevolmente attenuato almeno per quanto riguarda la partecipazione ai forum di cucina, mi limito a registrare le due possibili varianti nella preparazione del riso, incurante della diatriba sullo status di riso o risotto e lascio la scelta al cuoco come esercizio :-)


La "nobile" origine di questo piatto deve risalire alla fantasia di qualche matrona mantovana (o zone limitrofe), la quale un giorno altro non aveva a disposizione se non riso e pesciolino o gamberetti d'acqua dolce pescati nella risaia o nei canali d'irrigazione. Anche la frittura in olio d'oliva è dubbia, visto che in altri tempi doveva essere un autentico lusso. Ignoro però se avvenisse nello strutto (possibile), nel burro (probabile) o con altro tipo di olio di semi.

Ingredienti x 4:
400g riso vialone nano
200-300g di saltarelli piccoli
30g burro per il soffritto
mezza cipolla piccola
grana padano q.b.
sale q.b.
olio extra vergine q.b. per friggere
farina q.b. per impanare i saltarelli


Procedimento:
La versione "light" se così la vogliamo chiamare, prevede cottura del riso "alla pilota", cioé senza soffritto, altrimenti si procede come per un vero risotto, con soffritto di cipolla, tostatura del riso e mantecatura finale utilizzando due cucchiaiate dell'olio di frittura (a noi il colesterolo ci fa una emerita pippa...).
Si noti che nella ricetta attribuita a Renzo Dall'Ara, la cipolla usata nel soffritto andrebbe tolta.
Io l'ho fatto due volte, una con e una senza e francamente non trovo la gran differenza.
Per la cottura del riso alla pilota invece vi rimando all'ottima spiegazione di questo affidabilissimo sito di cucina mantovana.
Mentre il riso cuoce, si lavano i saltarelli, si scolano e poi si gettano in abbondante farina. Una volta tolto l'eccesso di farina, si friggono in abbondante olio, per qualche minuto appena, devono diventare arancioni, non bruni!
Una volta pronti, si scolano in una zuppiera, si salano e volendo potete riciclare due cucchiai di olio di frittura versandoli nel riso una volta che sia quasi pronto.
Secondo una versione della ricetta, quando il riso è cotto, si aggiunge anche una manciata di grana padano grattugiato (ed io l'ho messa).

I saltarelli si aggiungono a parte al riso, secondo i gusti personali.

E' un piatto decisamente particolare e non a tutti entusiasma la combinazione del riso col fritto.
A me, inutile dirlo, piace, ma io non faccio testo... ;-)

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