Anziché propinarvi la solita ricetta, oggi parliamo di cioccolata.
Lo stimolo per tirar fuori questo argomento è venuto indirettamente da mia moglie che, avendo acquistato qualche chilo di farina di mais per tortillas da Castroni a Roma, ha pensato bene di aggiungere all'ordine pure una tavoletta di cioccolato di Modica, per cui è diventata imprescindibile la necessità di raccontare qualcosa su questo particolare tipo di cioccolata.
Sulle prime può sembrare uno strano connubio, farina di mais bianco messicano e cioccolato siciliano, ma in realtà le due cose sono collegate tra loro, più di quanto non crediate.
La cioccolata, seppure sotto ben altra forma, è di provenienza messicana, come il mais del resto, è stata inventata dagli aztechi, partendo dalla materia prima, quelle fave di cacao che crescevano e crescono tuttora nelle regioni di Michoacán, Oaxaca e Chiapas, ma ormai è anche tradizione siciliana, acquisita dai dominatori spagnoli, che a loro volta l'appresero dai sudditi d'oltreoceano.
Esiste perciò questa curiosa somiglianza sviluppatasi nel corso di quasi 5 secoli di storia, tramite la dominazione spagnola, che unisce il Messico alla Sicilia e quindi all'Italia (senza scomodare poi il pomodoro o il peperoncino, tanto per citare due ingredienti fondamentali della cucina italiana...). Non si tratta di un semplice filo conduttore, bensì di qualcosa di ben più duro e robusto, uno strumento di pietra vulcanica del peso di oltre 50Kg nelle forme più grandi, il cui nome, metate (metlatétl = "pietra per macinare il mais"), rimane tuttora parola comune a tutte e tre le culture e che potete vedere nella galleria di immagini collegate.
Alla fine della storia, la cosa più sorprendente è morsicare un quadretto di cioccolata di Modica ed essere teletrasportati a 11.000 chilometri di distanza, a Oaxaca magari, in avenida 20 de Noviembre, angolo Mina, dove nella bottega della "Chocolateria Mayordomo" si confeziona il cioccolato pressoché nello stesso modo, con l'aggiunta di cannella e zucchero e, volendo, anche mandorle e non per questioni di recente globalizzazione.
Partendo da questa curiosa e piacevole sensazione metafisica, sono andato a ripescare alcune fonti storiche tra i miei libri sul Messico ed ho navigato un po' tra vari siti, alla ricerca di aneddoti, immagini e notizie interessanti, incontrando, a volte, anche qualche simpatico strafalcione storico, dove perfino Hernán Cortés, piegato forse dal peso della storia o dalla somiglianza con il nome di qualche parente, diventa inaspettatamente Hermes Cortez (!).
Se vogliamo ritornare alle origini, dobbiamo partire dal cacao, prodotto pregiatissimo, tanto da essere usato come moneta d'interscambio tra i popoli che vivevano nell'odierno Messico e centro America. L'importanza del cacao traspare anche dai codici precortesiani, dove i numeri vengono spesso rappresentati appunto dalla equivalente quantità di semi, accanto ai simboli del calendario solare.
Se l'origine della parola xocolátl debba attribuirsi alla fusione dei nomi degli ingredienti o se piuttosto sia da ricondurre al gusto amaro della bevanda, è oggetto di dibattito perché entrano in gioco curiosamente parole simili e non sembra facile risalire alla verità. A prescindere da queste questioni etimologiche, sembra certo che dalle fave di cacao (cacahuátl) e semi di pochotl macinati insieme si ricavava una pasta che, unita all'acqua, dava origine ad una bevanda denominata xocolátl o chocolátl (ecco l'origine delle parole in uso oggi), da bere in occasioni speciali, come ad esempio alla vigilia di una battaglia, per dare energia ai guerrieri.
Si noti che questa bevanda non conteneva zucchero (e tanto meno latte) ed era quindi consumata amara, forse aspra, ma era evidentemente energetica e ritenuta pure afrodisiaca, niente a che vedere con la cioccolata in tazza che conosciamo noi, casomai progenitrice del champurrado messicano, che contiene però farina di mais ed è pertanto a tutti gli effetti una variante di atole al sapore di cacao.
Il primo passo verso un cioccolato più vicino a quello universalmente noto è stata l'aggiunta dello zucchero di canna, che in Messico nella versione grezza si chiama piloncillo, nella foto a lato, ottenuto dalla spremitura della canna da zucchero e della cannella.
Le fave di cacao macinate a caldo sul metate con la cannella e lo zucchero, venivano poi ridotte in porzioni, in pastiglie tonde, quadrate o barrette, come viene venduto ancora oggi, tanto in Messico come a Valencia o a Modica.
La pastiglia di cioccolato viene sciolta in latte o acqua e si ottiene l'omonima bevanda meticcia, frutto della fusione della cultura azteca con quella occidentale.
Per renderla spumosa la si sbatte con l'apposito strumento di legno mostrato sopra e prende quindi il nome di chocolate de molinillo e così la troverete nei caffè messicani, accompagnata magari da una porzione di churros appena fritti oppure assieme ad una bella fetta di pan de muertos nei primi giorni di novembre o di una concha.
Ma mentre il il chocolate messicano è appunto destinato ad essere sciolto e bevuto, il cioccolato di Modica costituisce una ghiottoneria da gustare a piccoli morsi, per lasciare sprigionare nel palato gli aromi del cacao e della cannella.
Una cosa è certa, mentre il chocolate messicano è una bevanda assai comune, la cioccolata di Modica rappresenta quasi una rarità, un prodotto artigianale pregiato e dal prezzo adeguato alla fama.
Chissà che un giorno il cioccolato modicano non approdi in Messico, sarebbe proprio il colmo :-D
Turista a Pistoia
4 giorni fa
4 commenti:
Facebook del chocolate Moctezuma:
http://www.facebook.com/media/set/?set=a.211004188944401.54226.210987705612716#!/pages/Chocolate-Moctezuma-La-gran-tradici%C3%B3n/210987705612716?sk=wall
¡Saludos desde México!
Gabriel,
qué rico!
Y qué bonitos lugares...
En quince días me tocarán churros con champurrado de a de veras :-)
Ciao!
y yo no soy paisana pero en otra vida fui seguramente una divinidad azteca, que chingona esta pagina awebooooooo !!!!
Gracias Laura, aquí estamos, a sus órdenes!
:-)
Tlaz
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