Che Natale sarebbe senza pandoro?
Per molti anni il pandoro in casa fu una specie di sogno, poi un giorno si presentò la già menzionata Rigoberta Mancina con le prove fotografiche del suo ardimento e da lì si innescò un tormentone che durò varie settimane, in cui tutti molti dei frequentatori del forum si cimentarono con varianti di tutti i tipi.
Mutatis mutandis ossia dopo il trasloco in altro forum da parte di alcune aventiniane, il tormentone di quest'anno invece si è spostato sul panettone, che nella versione filologica è ancora più impegnativo del pandoro. Diciamo quindi che il pandoro può essere una specie di palestra prima di affrontare il panettone casalingo, tortura alla quale confesso di non essermi ancora personalmente sottoposto.
Come dicevo, il pandoro comporta un certo grado di pazienza, ci sono vari passaggi e per raggiungere il completo dominio della procedura bisogna fare diverse prove, con dosi di lievito diverse a seconda della velocità di lievitazione che si vuole ottenere.
Ad esempio, il pandoro che vedete qui ha richiesto circa 1 giorno e mezzo in totale, ma iniziando al mattino molto presto si dovrebbe riuscire a completare entro tarda sera. Per prendermela comoda io ho iniziato di pomeriggio e poi la seconda lievitazione gliel'ho fatta fare in frigo.
Pazienza a parte, fare un buon pandoro non è difficile, in definitiva non sono richieste né attrezzature speciali, né particolari accorgimenti, l'ingrediente fondamentale è il tempo.
Ingredienti I fase (lievitino):
50g farina
15g lievito di birra fresco (ma si può fare anche con quello secco calcolando le opportune dosi)
1 tuorlo
10g zucchero
50ml acqua tiepida
Procedimento I fase:
Fare il lievitino con gli ingredienti menzionati per la prima fase.
Ingredienti II fase:
200g farina
50g zucchero
30g burro
1 uovo
Procedimento seconda fase:
Aggiungere gradualmente la farina, le uova, lo zucchero e il burro al lievitino, fino ad ottenere un impasto piuttosto appiccicoso. Metterlo a lievitare in un posto riparato ma a temperatura ambiente (20C circa) fino al raddoppio.
Ingredienti III fase:
200g farina
100g zucchero
2 uova
140g burro
stecca di vaniglia (o 2 bustine)
pizzicone di sale
Procedimento III fase:
Prendete l'impasto e iniziate ad aggiungere la farina, lo zucchero, le 2 uova, il pizzicone di sale e i semi di vaniglia. I semi di vaniglia sono quella poltiglia nera che si trova dentro alla bacca di vaniglia, che va incisa longitudinalmente per poterla aprire ed estrarre con la punta di un coltello i semi appiccicosi. In mancanza della bacca, si può usare la vanillina in polvere (1 o 2 bustine secondo il gusto), anche se il sapore sarà leggermente diverso. Impastare bene il tutto e lasciare riposare fino al raddoppio.
Una volta lievitato, spianate l'impasto in forma di rettangolo alto circa mezzo centimetro. Aiutatevi con un po' di farina se dovesse essere molto appiccicoso. A questo punto prendete dei fiocchi di burro con le dita e iniziate a spalmare la superficie dell'impasto. Tenete presente che dovete spalmare l'intera dose e la cosa ad un certo punto vi sembrerà impossibile, ma non arrendetevi, continuate con questa specie di massaggio e vedrete che alla fine riuscirete a "insaponare" la mattonella.
Infine piegare il tutto a pacchetto dando il famigerato quarto di giro, cioè, supponendo che il rettangolo abbia il lato lungo parallelo al bordo del tavolo, piegate prima il lembo destro per un terzo, copritelo col lembo sinistro, riducendo quindi il lato lungo del rettangolo originale ad un terzo, infine piegate a metà il rettangolo risultante prendendo il lembo inferiore e portandolo a coprire quello superiore. Mettere a riposo in frigo per venti minuti circa (o in balcone se c'è freddo...).
Trascorso il tempo, prendere il mattone e spianarlo nuovamente rullando sempre nello stesso verso. Ripetere la piegatura allo stesso modo e rimettere nuovamente in frigo. Questa operazione (credo detta sfogliatura) va ripetuta almeno 3 volte, ma c'è chi come Mancina l'ha ripetuta anche 5 volte. Io credo di essermi salomonicamente fermato a 4.
Terminata la sfogliatura, spianate il tutto in forma più possibile simile ad un quadrato e piegate i 4 angoli verso il centro, per ottenere diciamo un rombo equilatero, che poi sarebbe un quadrato girato di 45 gradi, ma lasciamo da parte le fini disquisizioni geometriche.
Imburrate e infarinate l'insostituibile stampo da pandoro, che non è neppure banale reperire in commercio, possibilmente antiaderente se non volete correre rischi, quindi prendete il pandoro "in fieri" e infilatelo con la parte dei lembi piegati verso il fondo dello stampo, in modo che rimanga visibile la parte perfettamente liscia.
A me succede a volte che s'infili storto e allora si sprecano le imprecazioni. Prima o poi dovrò pensare a qualche espediente che mi permetta d'infilarlo dentro pari senza patemi d'animo, anzi, senza patè d'animo come diceva qualche fine dicitore più aduso alla cucina che alla grammatica.
Mettete il pandoro a lievitare dentro al forno spento e con la luce accesa. Per mantenere una certa umidità potete mettere dell'acqua calda in un pentolino, questo accorgimento impedirà alla superficie del pandoro di seccarsi.
Lasciatelo in pace finché non avviene la "tracimazione", ossia il pandoro supera abbondantemente l'altezza dei bordi, ma prima che cominci a cadere fuori. Insomma, se ci fate caso vedete che ha una specie di forma a fungo. Non è detto che sia una buona idea lasciarlo lievitare di notte perché il pandoro potrebbe raggiungere la "maturazione" prima del previsto e cominciare a fuoriuscire dallo stampo con possibili e temutissimi afflosciamenti di tutta la massa.
Se arrivate alla fase di lievitazione a tarda sera, allora è meglio mettere il pandoro al fresco, così lieviterà più lentamente (il che sarebbe pure meglio...).
La cottura è di circa 25 minuti, max 30 a 170 gradi sul gradino più basso del mio forno. Non vi preoccupate se la parte superiore di imbrunisce molto, è assolutamente normale, l'importante è che prendano colore anche le parti laterali. Aiutatevi magari con uno stecchino per capire se l'interno è ben cotto. Sfornatelo e toglietelo dallo stampo subito, non lasciatelo dentro se no rischiate che s'incolli e dopo son dolori estrarlo, così mi successe la prima volta...
Quando sarà leggermente raffreddato, chiudetelo in un sacchetto per mantenerlo ben morbido.
All'ora di servirlo, spolveratelo con zucchero a velo, magari dopo averlo scaldato per qualche istante.
Nota finale: la ricetta originale prevedeva 3 grammi di lievito nel secondo impasto. Io non li ho messi e non ho notato differenze significative. Ho anche aumentato leggermente la dose di zucchero perché lo trovavo un po' troppo neutro rispetto ai miei gusti.
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martedì 25 dicembre 2007
Pandoro
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lunedì 24 dicembre 2007
Limones rellenos de cocada
I limones rellenos de cocada (o también dichos limones con coco) mi avevano sempre colpito per qualche imponderabile motivo, ma non mi ero ancora concesso il gusto di provarli fino al mio ultimo viaggio in Messico, ossia ben 10 anni dopo aver messo piede sul sacro suolo della madre tierra.
A sfruculiare ulteriormente il velopendulo ci si mise anche un magnifico libro di ricette, las fiestas de Frida y Diego, che, contrariamente a quanto avviene in certi libri di cucina, contiene ricette non solo fantastiche ma anche molto ben spiegate e la fotografia dei limones con coco era irresistibile.
Purtroppo la preparazione richiede molta pazienza nelle fasi iniziali, per cui avevo sempre rimandato l'appuntamento, ma quest'anno ho deciso di averli pronti per Natale e una settimana fa mi sono messo all'opera.
Piccolo inciso: per questa ricetta si usano i lime. La cosa curiosa è che in Messico il lime si chiama limón, mentre il limone giallo è curiosamente denominato lima e si trova raramente. A quanto pare c'è stato un curioso qui-pro-quo linguistico-agronomico.
Oserei dire che lime e limoni non sono intercambiabili perché il lime è molto più profumato del limone, quindi sconsiglio di sostituire i lime con limoni verdi italiani.
Ingredienti per i lime canditi:
8 lime
2 tazze di zucchero
2 tazze d'acqua
1 cucchiaio di bicarbonato di sodio
Ingredienti per il ripieno al cocco:
1 tazza di zucchero
1 tazza d'acqua
1 tazza di cocco grattugiato
colorante verde (giallo + blu) se li volete di un bel verde brillante
Procedimento:
Far bollire per qualche minuto i lime in una pentola di acqua bollente, finché non cominciano ad ammorbidirsi. Scolarli e metterli in una ciotola di terracotta, coprirli d'acqua calda e versare un cucchiaio di bicarbonato. Coprire con un coperchio e lasciarli a riposo per un giorno.
Scolare i lime, inciderli su un lato e togliere l'interno, fino a lasciare solo la scorza. Potete aiutarvi con un cucchiaio.
Una volta ripuliti, rimetterli nel recipiente e coprirli con acqua calda, chiudendo con un panno e un coperchio per sigillarli. Ripetere questa operazione per 3-4 giorni. Questa procedura serve per togliere l'amaro.
Una volta terminata la fase preparatoria, siamo finalmente pronti per la fase di caramellatura.
Prendere un pentolino (di rame suggeriscono...) in grado di contenere tutti i lime affiancati, non sovrapposti. Versare le 2 tazze di acqua e le 2 di zucchero, mescolando e portare ad ebollizione.
Quando lo sciroppo bolle, versare i lime e girarli su tutti i lati e lasciare cuocere a fuoco moderato girando spesso, non devono bruciarsi, finché lo sciroppo sia divenuto denso. Attenzione che lo sciroppo non deve bruciare!
Quando lo sciroppo inizia a fare grosse bolle, è giunta l'ora di spegnere. Volendo potete aggiungere il colorante in questa fase.
Vi consiglio di pescare i lime e metterli da parte cercando di lasciarli ben aperti, pronti per essere farciti una volta raffreddati. Io seguendo il libro li ho lasciati a riposo un giorno dentro al pentolino, ma dopo mi è toccato riscaldarli con un po' d'acqua per riuscire a staccarli...
Una volta pronti i limoni è l'ora della cocada. In un pentolino versare la tazza d'acqua con la tazza di zucchero e portare ad ebollizione, aggiungere quindi la tazza di cocco grattugiato e mescolare per qualche minuto. A me piace che la cocada rimanga bella umida, per contrastare la pastosità del lime candito, per cui consiglio di non cuocerla molto, 5 minuti diciamo, deve comunque essere una pappetta molto densa, non troppo acquosa, nel caso aggiungete un po' di cocco se vedete che è troppo liquida. Una volta spenta e lasciata riposare qualche minuto potete cominciare a riempire i lime con una cucchiaiata di cocada ciascuno. Lasciate raffreddare i dolcetti e serviteli completamente freddi.
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domenica 23 dicembre 2007
Fregola vegetariana
Questa variante vegetariana della fregola, semi-volontario omaggio alla illustre americanista, femminista-milanista-salutista-vegetariana, nonché cuoca sopraffina, al secolo Rigoberta Mancina, non ha la pretesa di essere filologica ma è sicuramente un esperimento ben riuscito.
Approfitto quindi dell'assenza della esimia profe, la quale, porella, sta in Nuova Zelanda a ritemprarsi, per riempirla di epiteti e anche per stanarla visto che la suddetta centellina le sue presenze manco fosse un pistillo di zafferano della Mancha (!).
Ingredienti x 4 persone:
200g di fregola media
1 barattolo di ceci lessati da 400g
1 barattolo di pelati da 400g
50g di nocciole tostate
2 spicchi d'aglio
mezzo bicchiere di vino rosso secco
olio extra vergine q.b.
acqua q.b.
sale q.b.
pepe q.b.
peperoncino al gusto
Procedimento:
far rosolare brevemente i due spicchi d'aglio con due cucchiai d'olio e il peperoncino e, prima che prendano colore, aggiungere le nocciole sbriciolate e la fregola. Girarla per bene e farla tostare per qualche minuto. Versare quindi i pelati, sminuzzarli con un forchettone di legno, poi aggiungere acqua (o brodo vegetale) sufficiente a rendere il tutto molto fluido (almeno mezzo litro). Quando la zuppetta bolle, aggiungere il sale, il vino ed i ceci (scolati) e proseguire la cottura, circa 10-15 minuti dipendendo dalla consistenza della fregola. Se necessario aggiungere acqua o brodo se vi sembra che si asciughi troppo. Aggiustate quindi con sale e pepe, eventualmente. Se la zuppetta, a causa dei pelati dovesse essere un tantino aspra, potete correggere il gusto con un paio di cucchiaini di zucchero. Questo è un trucco che uso spesso per aggiustare le salse di pomodoro con un eccesso di acidità e funziona egregiamente.
Le nocciole si sposano bene con i ceci e l'idea per questa combinazione mi è venuta come un'epifania, una sera mentre sgranocchiavo delle nocciole salate.
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domenica 16 dicembre 2007
La torta sbrisolona di casa mia
La torta sbrisolona, falsamente denominata anche sbriciolona o sbrisolosa, è il dolce natalizio tipico di Mantova, soprattutto quando ci si riferisce ai dolci caserecci.
Ovviamente la sbrisolona versione turistica si trova anche a ferragosto, ma dubito che esista un solo mantovano che la compri in quel periodo.
La ricetta che darò è, né più, né meno, quella di casa mia, presa dal ricettario di mia madre che la faceva come la faceva mia nonna e qui ci fermiamo con le testimonianze di prima mano.
Tra l'altro coincide con quella data nel sito da cui presi la ricetta della torta greca, il che mi conforta.
Sia chiaro che non pretendo di dare LA ricetta, ma tutto sommato posso tranquillamente affermare che le varianti con nocciole, arachidi e/o altre combinazioni di ingredienti semplicemente non mi interessano... :-)
Ingredienti per 1 torta sbrisolona sontuosa o 2 medie:
farina tipo 0 200g
farina di mais gialla tipo fioretto per dolci 200g (non quella grossa da polenta!)
burro 200g (oppure 100g burro + 100g di strutto)
zucchero 200g
mandorle 200g
2 uova medie (oppure un uovo + un tuorlo)
2 bustine di vaniglia
1 tappo di liquore all'anice (facoltativo, io lo metto)
pizzicone di sale q.b.
Procedimento:
Come vedete questa ricetta è decisamente facile da ricordare come dosi, poiché tutti gli ingredienti principali sono presenti nella stessa quantità, per cui è anche abbastanza facile calcolare il necessario per fare un numero maggiore di torte, io di solito ne faccio sempre 4-5 alla volta.
Io di solito uso mandorle pelate, però volendo potete fare un pò e un pò.
Tostare le mandorle in un tegame a fuoco medio, girandole in continuazione per evitare che si brucino. Le mandorle devono diventare color marroncino chiaro chiaro, spero che dalla foto si capisca. Quando sono pronte mettetele a raffreddare in un recipiente diverso, se le lasciate nel tegame potrebbero bruciarsi anche a fuoco spento.
Una volta raffreddate, trituratele non troppo fini.
Fate una bella fontana sulla spianatoia con le 2 farine, lo zucchero, la vaniglia, il sale e il burro a pezzetti. Il burro conviene che non sia proprio gelido ma neanche troppo ammorbidito se non poi farete fatica a sbriciolare l'impasto. Per il sale, dovrete regolarvi secondo il vostro gusto, a me piace molto quando mangiandola si sente d'improvviso un granellino di sale, per cui di solito metto un pizzicone, credo siano 2-3 grammi al massimo alla fin fine.
Al centro della fontana mettete le uova, togliete un albume se volete che la torta sia più farinosa o lasciatelo se la volete più consistente. Aggiungete il goccetto di liquore se vi piace.
Mescolate il tutto con le mani, come se doveste spremere un tubetto di dentifricio, alla fine deve risultare un impasto ben amalgamato ma granuloso, una consistenza che si spezzetta facilmente.
Alla fine unite le mandorle tritate e lavorate il tutto ancora qualche minuto.
Prendete una tortiera grande, vanno bene quelle di alluminio per esempio oppure anche quelle antiderenti. Sbriciolate l'impasto cercando di distribuirlo uniformemente senza pressarlo, deve semplicemente cadere nella teglia. Decorate con mandorle intere, pelate o meno, se volete.
Scaldate il forno a 170 gradi e infornate per 30 minuti circa o più se la volete più scura.
La sbrisolona a me piace piuttosto chiara, per cui i bordi sono appena marroncini, ma il centro rimane giallo dorato.
Una volta raffreddata, potete spolverarla con un po' di zucchero a velo.
Pur essendo un dolce di una estrema semplicità, di solito raccoglie l'entusiasmo di tutti e difficilmente sopravvive a lungo.
Di solito è un dolce che si mangia sempre il giorno dopo o anche vari giorni dopo, non soffre rinsecchimenti, anzi, forse tende a diventare ancora più buono.
Ultimo aneddoto: mia zia dice che in campagna questa torta una volta la facevano con il grasso della gallina e una volta provò a fare la versione "filologica", senza rimanerne entusiasta.
Non è detto che le cose fatte come una volta siano necessariamente migliori, forse certe ricette erano più frutto della penuria che non di scelte ragionate...
Posso invece dire che la versione metà strutto e metà burro ha una sua precisa identità e vale la pena provarla.
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lunedì 10 dicembre 2007
Fregola con le arselle alla mia maniera
La fregola con le arselle era già un mito prima ancora di averla assaggiata.
Ci sono ricette che mi fanno questo effetto, ossia non ho nemmeno bisogno di provarle, so già che mi entusiasmeranno.
Credo che il tutto sia nato quando vidi la busta della fregola al supermercato (vedi foto), aveva l'aspetto di qualcosa di molto artigianale, di rustico, con quelle palline di forma irregolare e di varia tonalità, insomma, il mio cervello ha pensato: questa cosa dev'essere buonissima per forza.
Così quando misi in cantiere la ricetta della fregola con le vongole (purtroppo non ho trovato le filologiche arselle...), già pregustavo l'assaggio.
Va beh, non vi sto a tediare oltre, però non vi metto la prima ricetta che feci, la potete tranquillamente vedere nel sito originale, bensì la mia versione riveduta e corretta.
Che non significa migliore, ci mancherebbe, in fondo mica sono sardo io ;-)
Ingredienti x 4:
300g di fregola media
500g di arselle o vongole fresche
1 litro di brodo di pesce
1 scatola di pelati
2 pomodori secchi
3 spicchi d'aglio
mezzo bicchiere piccolo di vino bianco secco
un pizzico di timo
un pizzicone di maggiorana
una bella manciata di prezzemolo tritato
peperoncino al gusto (un ottimo guajillo messicano ad esempio...)
sale q.b.
olio extravergine q.b.
Procedimento:
Mettete a scaldare il brodo di pesce. In mancanza del brodo di pesce, prendete del dado di brodo di pesce e scioglietelo in un litro d'acqua. In mancanza di dado, dovrete accontentarvi di acqua...
Fate aprire le arselle o le vongole, che avrete magari tenuto a bagno per qualche ora in acqua salata, in un tegame con due cucchiai di olio e uno spicchio d'aglio. Usate un coperchio sia per evitare spruzzi d'olio, sia per evitare che l'acqua delle vongole evapori. 4-5 minuti a fuoco alto di solito bastano per farle aprire. Spegnete e tenete coperto.
Schiacciate i due spicchi d'aglio e tagliate a pezzettini i pomodori secchi. In una padella dai bordi alti mettete due cucchiai d'olio. Quando l'olio è caldo mettete l'aglio e dopo un paio di minuti i pezzetti di pomodoro secco e il peperoncino (se lo volete). Fate andare un paio di minuti a fuoco medio girando il condimento, non deve inscurirsi. Aggiungete la fregola e mescolate bene, deve assorbire l'olio. A questo punto versate il vino bianco e subito dopo il pomodoro.
Cominciate anche ad aggiungere il brodo un po' alla volta.
Nel frattempo colate il liquido delle vongole e aggiungetelo alla minestra.
A questo punto potete anche aggiungere timo e maggiorana.
Andate avanti aggiungendo il brodo fino a cottura ultimata. Sulla busta in mio possesso dice che la fregola si cuoce in 8 minuti, nell'altra ricetta in 12. Credo che entrambi siano ottimisti.
Assaggiate e regolatevi in base al vostro gusto, chiaro che la semola deve rimanere consistente ma senza attaccarsi ai denti. Mentre la fregola cuoce, sgusciate le vongole e mettetele da parte.
A cottura ultimata aggiungere il prezzemolo tritato e le vongole sgusciate. Se volete potete tenere qualche vongola col guscio per fare del cinema, soprattutto se la preparate ad amici.
E se non avete la minima idea di dove reperire la fregola, posso dire che a Modena lo stesso prodotto si trova all'Esselunga e all'Unes e quando lo comprai costava...
Spero di essere stato esauriente.
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giovedì 6 dicembre 2007
Crescentine! O...tigelle?
Confesso che da tempo volevo mettere la ricetta delle crescentine montanare modenesi, ma un po' per distrazione e un po' per pigrizia, un po' per falsa modestia, un po' per sopraggiunte vacanze messicane, un po' perché mi dimenticavo sempre di andare a ripescare i piccoli video, ho rimandato questo imprescindibile appuntamento con la gastronomia modenese.
Il problema è anche che di ricette di crescentine ne esistono almeno tante quante sono le famiglie modenesi perché a ciascuno piacciono quelle fatte a proprio modo.
Ultimamente mi capita di farle più spesso che in passato, per cui ho cominciato a fare esperimenti a partire dalla ricetta base che un'amica di mia madre ci passò anni addietro.
Prima di partire, l'immancabile precisazione etimologica: le crescentine sono ormai conosciute ovunque con il nome di tigelle, ma la tigella altro non è che lo stampo di terracotta tra cui viene posto l'impasto.
Ormai è diventato estremamente difficile riuscire a mangiare le crescentine cotte nella maniera tradizionale, anche perché il procedimento è notevolmente più lento dei metodi in uso di questi tempi, però a me è capitato in un paio di occasioni negli ultimi due anni e per meglio illustrare il concetto, vi metto ben 2 video mooolto artigianali girati durante la sagra di ottobre 2006 a Sestola (Modena).
Nel primo vedete la fase di riscaldamento della tigella sul fuoco.
Nel secondo vedrete (o intravedete...) come vengono impilate le tigelle dentro la tigelliera di legno. Una volta cotte più o meno, vengono estratte e messe nella cenere bollente per qualche minuto e infine spazzolate prima di servirle.
Quindi ora sapete perché per mangiare le crescentine fatte come una volta, bisogna armarsi di molta pazienza.
Tornando invece alle crescentine moderne, darò una ricetta con annesse varianti, poi voi vi regolerete secondo il gusto personale.
Ah, si raccomanda l'uso della tigelliera elettrica in pietra refrattaria, che tutto sommato, saporino di cenere a parte, fornisce un risultato più aderente alla tradizione.
Ingredienti per circa 24 tigelle grandi o 40 piccole (4 persone con buon appetito): (variante soffice)
1kg di farina tipo 0
250ml panna liquida fresca
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
acqua q.b.
sale q.b. (10g circa)
oppure (variante più croccantina e forse più filologica, vedi foto in basso)
1kg di farina tipo 0
250g di strutto
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
acqua q.b.
sale q.b. (10g circa)
oppure (variante rustica)
500g di farina tipo 0
500g di farina integrale
125g di strutto
125ml panna
1 bustina di lievito secco o 1 panetto da 25g fresco (se avete molto tempo, dimezzate).
latte q.b.
sale q.b. (10g circa)
Procedimento:
Mescolare la farina con gli altri ingredienti (ottima cosa se avete l'impastatrice...), aggiungendo l'acqua o il latte a poco a poco, dovete ottenere un impasto morbido, lisco e non appiccicoso.
Terminate l'impasto a mano, dovrà risultare facile da lavorare, elastico e formare come delle bollicine d'aria in superficie, quello è il segnale che avete impastato bene.
Mettete a lievitare fino al raddoppio e poi sgonfiare e lavorare ancora per qualche minuto, quindi stendere la pasta fino ad ottenere uno spessore al massimo di un centimetro (almeno per i miei gusti). Se lo tirate fino a mezzo centimetro, verranno più secche.
La dimensione va anch'essa a gusti, io tendo a farle grandine e uso come stampo delle coppette da macedonia di circa 10 cm, ma le crescentine si vedono più spesso di dimensioni inferiori, tipicamente sui 6-7 cm.
Una volta ricavate le crescentine, consiglio di metterle a riposo coperte, in modo che lievitino ancora un po'. Diciamo che, senza particolare fretta, in 3 ore siete pronti per la cottura, ma se avete più tempo vedrete che il risultato sarà ancora migliore.
Le crescentine si condiscono in una miriade di modi, di cui qui fornisco un sintetico elenco, in ordine pseudo-filologico:
- lardo battuto (lardo di maiale, rosmarino, salvia, aglio) con o senza parmigiano-reggiano grattugiato.
- salumi affettati (prosciutto, salame, ciccioli freschi, coppa, lardo, pancetta)
- formaggi teneri soprattutto di mucca (caciottina, stracchino)
- marmellata (come dessert)
- formaggio caprino
- altre combinazioni anche piuttosto innovative, tipo pecorino con miele e noci.
- nutella
PS: e se vi avanza dell'impasto, potete sempre ripiegare su un sanissimo gnocco ingrassato al forno... :-D
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lunedì 3 dicembre 2007
Erbe in cartoccio con caprino
Questa ricettina che, come grado di difficoltà rivaleggia con le uova sode, è un'imitazione (di cui declino qualsiasi responsabilità, come avrebbe sentenziato Totò) di un piatto che mangiai ormai troppi anni fa a Torino, al ristorante Spada Reale.
L'unica difficoltà consiste nel non far appassire troppo le erbette, se no s'intristisce.
Ingredienti per 3-4 persone:
125g di valeriana fresca
50g di rucola fresca
25g di basilico fresco
10g di menta fresca
160g di formaggio caprino fresco (1 confezione da 2x80g tipicamente)
pane pugliese (2-3 fette a testa)
olio extra vergine q.b.
aglio fresco
sale
Procedimento:
scaldare il forno a 180 gradi.
Tostare il pane affettato, ungerlo e strofinarlo con l'aglio.
Disporre le erbe su una teglia da forno, mescolandole, mettere sopra il formaggio caprino a pezzetti e oliare leggermente.
Importante: Coprire la teglia con un foglio di alluminio e infornare per 6-7 minuti.
Tenete sott'occhio la situazione, le erbe e il formaggio devono solo scaldarsi, non devono cuocersi.
Sfornare e portare in tavola in modo che ciascuno possa farsi la sua bruschetta ipermegabiovegetariancolesterolfree.
Funziona bene come antipasto o in dosi più corpose per una cena molto light.
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Patate in purgatorio
Sia chiaro che non stiamo parlando del famigerato Rocco, specialista sui generis di patate fritte e non... :-D
Ho riesumato da un vecchio scaffale delle riviste vecchie come il cucco di mia madre, dove c'erano delle monografie di cucina regionale italiana e ho trovato una vera miniera di ricette.
Quella che attualmente va per la maggiore è quella sulla cucina della Basilicata e la ricetta che ho provato è tanto banale quanto deliziosa:
patate in purgatorio (o all'inferno, dipendendo dalla furia del peperoncino...)
Ingredienti: 3-4 patate grosse
mezzo bicchiere d'olio d'oliva extravergine
peperoncino rosso piccante ad libitum
prezzemolo tritato
1-2 spicchi d'aglio (1 se grosso, 2 se piccoli)
sale q.b.
Procedimento:
Lavare e lessare le patate a vapore. Pelarle e tagliarle a dischi di circa 1 cm di spessore.
La ricetta dice che a questo punto vanno lasciate raffreddare, però io avevo fame e le ho mangiate calde.
Tritare il prezzemolo con l'aglio.
Scaldare l'olio e il peperoncino a pezzetti.
Cospargere le patate con il sale e il trito di prezzemolo e aglio, quindi versarci sopra l'olio bollente.
Servire come contorno, ad esempio di carne da bollito.
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giovedì 29 novembre 2007
Risotto alla provola e birra Corona
Con questa ricetta inauguro la sezione delle ricette fusion, cioè le ricette inventate da me con prodotti italiani e messicani mescolati assieme.
Ingredienti x 4 persone:
400g riso carnaroli
1 bottiglia di birra Corona
1 provola affumicata fresca (250g circa), si consiglia provola affumicata campana DOP
burro q.b.
olio q.b.
pepe q.b.
sale q.b.
brodo o dado
mezza cipolla bianca
volendo 1-2 bacche di ginepro
Procedimento:
Scaldate in un pentolino mezzo litro circa di brodo oppure mezzo litro di acqua con mezzo dado.
Tritare la cipolla fina fina e farle imbiondire con il burro e/o olio. Aggiungere il riso e farlo tostare per bene, mescolandolo in continuazione per non far bruciare la cipolla.
Versare la bottiglia di birra e dopo un po', prima che sia evaporato tutto il liquido, aggiungere metà del brodo. Proseguite la cottura per una decina di minuti, aggiungendo brodo se vedete che il riso si asciuga molto. Non tenete il fuoco troppo alto perché otterrete solo di far evaporare il liquido troppo velocemente, quindi conviene abbassare e tappare. Se volete potete anche aggiungere un paio di bacche di ginepro.
Nel frattempo affettate la grossolanamente la provola a dadi. Circa 5 minuti di terminare la cottura, aggiungete la provola, che essendo abbastanza umida fornirà una discreta quantità di liquido, ma nel caso aggiungetene un pochino se vedete che il riso è asciutto. Mentre sentite la cottura del riso, aggiustate anche il sale, perché molto dipende dal brodo che usate.
Quando il riso è quasi cotto, conviene spegnere e tappare per completare la cottura senza fiamma.
Questo risotto, se avanza, si converte anche in un eccellente suppli.
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sabato 24 novembre 2007
Pane alla zucca
Era da parecchio che volevo fare il pane con la zucca, ma mi sono deciso l'altro ieri quando ho scoperto che mia moglie aveva cotto una zucca dolcissima nel forno, per cui ho rotto gli indugi e mi sono lanciato. Ho trovato quindi una ricetta che si rifaceva a quella apparsa su "La Cucina Italiana" qualche anno fa, chissà che fine avrà fatto la mia copia, sarà rimasta seppellita sotto qualche tonnellata di cianfrusaglie.
Messaggio per le animatrici del blog: lo so che la foto è gialla che più gialla che non si può, però si dà il caso che l'impasto fosse giallo e il contenitore giallo e la luce gialla... :-P
Scherzo, senza di voi, questo blog sarebbe un insipido monologo.
Ingredienti:
500 g di farina
10 g di sale
40 g strutto
180ml di acqua tiepida
zucca cotta al forno q.b. (vi spiego dopo)
1 bustina di lievito di birra secco
semi di girasole (ad libitum)
Procedimento:
Diamo per scontato che abbiate cotto la zucca, ne basteranno una quantità variabile tra i 200g e i 300g. Accertatevi che sia dolce, non c'è niente di più insulso di un pane di zucca che non sa di zucca... Nel caso abbiate dubbi sul tempo di cottura, io posso dirvi che l'ho tagliata a pezzetti e cotta per 1 ora circa a 180 gradi.
Dato che in casa mi era rimasto solo del lievito secco a lievitazione iperlenta, mi sono adattato e ho preparato il pane con moooolto anticipo. Se avete del lievito fresco o di quello secco col turbo tutti i tempi si accorceranno moltissimo, ma il mio In3pdo è di quelli che van bene per preparare impasti due giorni avanti. Tenete presente quindi che sono partito a fare questo pane sabato mattina e l'ho cotto domenica a mezzogiorno.
Sciogliete il lievito nell'acqua tiepida (presa dal totale) con un cucchiaino di zucchero. Quando è ben sciolto (e magari ha pure iniziato a fare un po' di schiumina) aggiungetelo alla farina assieme all'altra acqua rimasta, al sale e allo strutto. Vi accorgerete che questo impasto è piuttosto granuloso dato che la parte di acqua è insufficiente e qui entra in gioco il discorso della zucca in quantità variabile. La zucca dovrebbe essere piuttosto umida, se non l'avete cotta troppo. Prima di aggiungerla, un pezzetto per volta, passate i singoli pezzi usando una forchetta.
Incorporate un po' di zucca passata quindi finché non si è amalgamata bene e continuate ad aggiungerne finché l'impasto non acquisterà la giusta consistenza, cioè deve diventare omogeneo, elastico, morbido e non appiccoso, insomma, si deve staccare bene dal piano di lavoro (o dal cestello dell'impastatrice). A questo punto, mettetelo a lievitare fino al raddoppio, questo tempo dipenderà dal lievito e dalla temperatura. Una volta lievitato, lavoratelo a mano e aggiungete, se volete, dei semi di girasole o dei semi di zucca senza buccia magari. Più lo lavorate, meglio è. A questo punto io l'ho messo al fresco per un paio d'ore, poi gli ho dato un'ultima lavorata, sempre a mano e l'ho messo nella teglia, dandogli la forma di un salame grossomodo. Poi l'ho lasciato chiuso dentro al forno con un pentolino di acqua bollente e con la luce accesa tutta la notte e la mattina del giorno dopo. A mezzogiorno era lievitato quasi del triplo e l'ho tolto, ho acceso il forno a manetta, con tanto di termometro e l'ho infornato quando stava a 220 gradi, mettendo la teglia di allumino abbastanza altina, insomma non proprio al centro del forno come altezza. L'ho sfornato dopo 20 minuti, ma forse poteva stare anche 25 per fare ancora più crosta, magari abbassando leggermente la temperatura.
La consistenza era croccante nella crosta e morbidissimo dentro, una vera meraviglia.
Sapore ottimo con un gustino dolce.
Insomma, è venuto come lo volevo io.
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venerdì 23 novembre 2007
Tempo di pensare el panetún
Stamattina un amico mi ha chiesto di reperirgli la ricetta del panettone, perché alla moglie era venuta l'ispirazione di farselo in casa.
Mi ricordavo che l'anno scorso, quando imperversava la febbre del pandoro autarchico e nel forum che di solito frequentavo ci si dedicava a vari esperimenti in materia, avevo visto una ricetta, anzi sarebbe probabilmente il caso di dire la ricetta per antonomasia, quelle delle mitiche sorelle Simili, che vedete ritratte in una rara imago qui a fianco (cortesia di slowfood)
Vi metto qui il collegamento alla pagina della ricetta in questione senza ulteriori indugi.
Mentre cercavo come fare el panetún, mi sono imbattuto in un'altra pagina contenente una ricetta, sempre delle magiche sorellone, quella della cosiddetta Angelica.
Oh, sapete cosa vi dico?
Mi sta già venendo l'acquolina in bocca boia d'un mond léder!
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martedì 20 novembre 2007
Sua eccellenza la Brioche Reale
Questa è una delle mie ricette preferite di dolci da colazione. La ricetta proviene dal blog di Sandra, il mio blog di pasticceria preferito, dove ci sono dozzine e dozzine di ricette veramente succulente.
La ricetta di Sandra, che a quanto pare costituisce già una variante rispetto all'originale, prevede qualche pepita di cioccolato per movimentare un po' il gusto delle brioscine, ma io ho messicanizzato la ricetta aggiungendo invece della cannella e se non fosse per il mio totale autocontrollo, mi sbaferei tutta la teglia appena sfornata!
Ingredienti:
500g di farina tipo 0
225ml di latte
80g di burro
70g di zucchero
1 bustina di lievito secco
1 bustina di vaniglia
1 uovo
un pizzicone di sale
cannella in polvere o cioccolato a pezzetti o uvette, ad libitum.
Procedimento:
preparate un lievitino prendendo dagli ingredienti un cucchiaino di zucchero, 3 cucchiai di farina e latte quanto basta per rendere il lievitino semiliquido. Mescolate bene e lasciate a riposare in un posto riparato finché non si sarà formata una bella schiuma.
Mettete il resto della farina nell'impastatrice (o a mano) e aggiungete il lievitino, il latte, lo zucchero, il sale, l'uovo, il burro ammorbidito a pezzettini e la vaniglia e mescolate fino ad ottenere un impasto elastico e soffice che si stacca facilmente.
Ah, se le volete più dolci, dovrete mettere un po' di più dei 70g di zucchero previsti.
Mettete a lievitare fino al raddoppio (1-2 ore).
Prendete l'impasto e lavoratelo brevemente per sgonfiarlo, quindi mettetelo in frigo per 2 ore.
Io invece l'ho messo in terrazzo dove faceva parecchio freddo e secondo me s'e' raffreddato prima che nel frigo.
Comunque dopo circa 2 ore riprendetelo, lavoratelo per un po' e poi stendetelo. Se lo stendete alto circa 1 cm, dovreste ottenere una specie di quadrato di 30 cm di lato. Secondo me vale la pena stenderlo fino al mezzo centimetro perché una volta arrotolato si riescono a fare più giri e viene ancora più carino.
Una volta steso l'impasto, ci potete mettere sopra quel che desiderate, cannella, cioccolata, uvetta, canditi...
Arrotolate e poi calcolate di dover fare 12, massimo 14 rotelle, da disporre distanziate nella teglia. L'effetto tipo rosa deriva dal fatto che la pasta lievitando non trova spazio orizzontale e quindi comincia a spingere verso l'alto.
Una volta disposte le rotelle, mettetele a lievitare a oltranza. Io di solito le lascio lievitare nel forno con la lampadina accesa tutta la notte, cosi' alla mattina accendo e in mezzora preparo una sontuosa colazione.
Cuocere con forno a 160 gradi per 20-25 minuti.
Sandra spennella con uovo, io invece, verso la fine della cottura, spennello con zucchero e acqua, perché mi piacciono un po' più dolci.
Grazie Sandra!
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lunedì 19 novembre 2007
Monte Bianco!
Durante il periodo delle castagne a casa mia è imperativo preparare questo semifreddo almeno una volta. Dico una volta perché la tutta l'operazione di estrazione della polpa delle castagne è talmente pallosa che difficilmente mi viene l'ispirazione di farla più spesso... :-D
La versione che conosco io non contiene la quantità di zucchero che ho riscontrato in altre, come in certe pasticcerie romane in cui la castagna diventa quasi una comparsa.
L'impasto perciò è appena dolce per contrastare meglio con il dolce della panna montata.
Ovviamente tutto dipende dai gusti, si può omettere il cacao oppure si può aggiungere più zucchero, togliere il liquore o metterne un po' di più, è assolutamente necessario assaggiare l'impasto per modificarne il sapore mentre lo preparate, anche perché non tutte le castagne sono uguali, io di solito uso quelle piccole, non i marroni che a volte sono meno dolci.
Ingredienti:
1kg di castagne
100g di zucchero semolato fino
250ml di panna da montare
2 cucchiai di cacao
1 bicchierino di rhum
latte q.b.
zucchero a velo
pizzico di sale
Procedimento:
Bollite le castagne in acqua leggermente salate, volendo aggiungendo anche una foglia di alloro.
Ci vorranno circa 40 minuti, in ogni caso apritene una per verificarne la cottura, la polpa dev'essere morbida, quindi è consigliabile anche usare castagne fresche, se no correte il rischio di ritrovarvi con una polpa abbastanza asciutta e dura.
Una volta cotte, estraete la polpa delle castagne in una ciotola.
Prima di aggiungere gli altri ingredienti è consigliabile dare una bella passata con lo schiaccia patate o, nel caso la polpa sia più consistente, nel passaverdure o addirittura nel tritacarne.
Aggiungete lo zucchero, meglio se molto fine, il cacao, il rhum e a seconda della densità dell'impasto un po' di latte per ammorbidire il tutto. Lo scopo è quello di ottenere una pasta morbida da infilare senza problemi nello schiacciapatate, dal quale scenderanno delle specie di passatelli.
A questo punto cominciate a creare il vostro monte bianco dentro a un piatto da portata, che coprirete infine con la panna montata e magari una spruzzatina di cacao. Ovviamente la panna montata la potete anche comprare già pronta se non avete voglia di farvela in casa.
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domenica 18 novembre 2007
Ciambella "nera" al cioccolato
La ricetta di questa torta la diede anni fa mio zio Remo a mia madre e da allora è sempre stata una delle torte preferite, soprattutto da mia moglie che va matta per la cioccolata (anche io per la verità andrei pazzo per la cioccolata ma mi trattengo...).
Non è una torta difficile da fare e per questo motivo è una delle mie preferite quando voglio essere sicuro del risultato e so di non avere molto tempo a disposizione.
Ingredienti:
200g burro
200g zucchero
200g amaretti
150g farina
100g cacao
100g cioccolato fondente
4 uova
latte q.b.
bustina di lievito vanigliato
pizzico di sale
Procedimento:
Montare il burro con lo zucchero e poi aggiungere i tuorli uno ad uno, fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungere gradualmente gli amaretti macinati finemente e poi il cacao. Si otterrà un composto piuttosto denso. Cominciate ad ammorbidire il composto con un poco di latte e mano a mano aggiungete anche la farina. Tenete presente che ancora dovete aggiungere le chiare montate, per cui non esagerate, il composto non deve diventare liquido, deve essere sodo ma non asciutto. A questo punto potete cominciare a montare le chiare d'uovo con qualche goccia di limone finché non diventano ben sode.
Incorporatele gradualmente con movimenti circolari dall'alto al basso, in modo da coprire le chiare con il composto. Infine aggiungete il cioccolato triturato.
Quando preparo questa torta uso sempre uno stampo al silicone perché posso versare direttamente l'impasto altrimenti con gli stampi tradizionali è necessario imburrare e infarinare.
Per questo tipo di torta vedo bene uno stampo col buco.
Mettete in forno a 180 gradi per 50-60 minuti, aiutatevi con uno stecchino per capire se è cotta. Lo stecchino deve uscire quasi pulito o appena segnato se la desiderata un po' più umida.
Decorate, se lo gradite, con zucchero a velo o codette, volendo si può anche servire con panna montata o, in un festival delle calorie, con zabaione.
A me le ciambelle piacciono di più il giorno dopo, riposate, ma questa torta fa la sua onesta figura anche dopo un'ora o due. Mia moglie la mangia volentieri anche dopo 5 minuti comunque.
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21:07
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mercoledì 14 novembre 2007
en dia de muertos
Sono tornato da qualche giorno dal Messico, dove ho trascorso (por fin!), le mie sospiratissime vacanze. Come vedete, dalla prima foto, c'era un comitato d'onore ad accogliere la mia famiglia all'arrivo a Città del Messico...
Non è un caso che abbia aspettato fine ottobre per andare, volevo assolutamente essere là per le feste di novembre, per la festività dei Morti, dia de muertos, forse la festa più importante dell'anno, sicuramente la più pittoresca.
Era già qualche anno che non trascorrevo questa festività in Messico e mi mancava da morire l'atmosfera di questo periodo, qualcosa veramente difficile da riprodurre qui, dove le tradizioni e le abitudini sono così distanti. Insomma, occorre essere là per capire.
Mentre l'iconografia natalizia è assai più convenzionale e per certi versi quasi umoristica, essendo tutta incentrata su alberi di natale carichi di neve finta e babbi natale dai vestiti decisamente incongruenti con i 20 e passa gradi di temperatura a mezzogiorno, la festa dei morti è assai più originale e spontanea, si tratta di una celebrazione in cui arte, cucina, spettacolo e commercio si fondono in un inimitabile festival di colori e sapori.
Da notare in particolare l'immancabile presenza di scheletri, teschi e ossa, di cartapesta, di fil di ferro, di gesso, di zucchero, di gelatina, di cioccolato, di tela, di carta, all'ingresso delle case, sulle finestre, sui balconi, nei cortili, nelle offerte (ofrendas).
Il tutto si deve alla differente percezione della morte, un'eredità delle culture precortesiane che ha finito per fondersi con le tradizioni cattoliche imposte dagli spagnoli.
Così mentre gli adulti magari consumano la festa con i parenti, la sera del 2 novembre i bambini vanno allegramente in giro in gruppo travestiti e truccati da fantasmi o da scheletri a raccogliere caramelle e dolcetti dai passanti.
In cucina, la festività dei morti trova la sua sublimazione nel pan de muertos, un delizioso pane lievitato ricoperto di zucchero, decorato con ritagli di impasto a cui viene data la forma di ossa, con tanto di teschio in cima (di cui vedete solo una porzione nella foto...).
Insomma, se non vi lasciate impressionare, la festa dei morti non sarà certamente il giorno ideale per iniziare una dieta.
Peccato non sia riuscito a fotografare la folla presente nei cimiteri, dove è usanza andare a fare una specie di pic-nic, in compagnia dei propri defunti.
L'altra tradizione riguarda gli altari con le offerte, che vengono in genere posti all'ingresso delle case per ricordare una persona cara e dove vengono disposti foto, oggetti e cibi di suo gradimento, il tutto abbellito da crisantemi arancioni e altri fiori o petali viola.
Insomma, una vera festa di colori e vitalità, così lontana dalla nostra tradizione piuttosto grigia.
¡Que viva Mexico!
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23:58
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